L’immagine del lusso è cambiata. Un tempo il cachemire era il cappotto che passava di generazione in generazione, il maglione “buono” custodito con cura in armadio, il desiderio scritto nella letterina di Babbo Natale. Da una parte chi poteva permetterselo, dall’altra chi lo guardava solo nelle vetrine.
Oggi la scena è diversa, ma il protagonista è lo stesso filato. Il cachemire resta una fibra preziosa, morbida e calda, ma è diventato molto più accessibile, complice un mercato globale fatto di miscele, produzioni diffuse e brand che hanno sdoganato il concetto di “lusso quotidiano”.
Dal simbolo di status al comfort di tutti i giorni
Per anni il cachemire è stato sinonimo di élite, un materiale riservato a pochi. Oggi basta entrare in un centro commerciale per trovare maglie intime, dolcevita, cardigan e cappotti con la parola cashmere sull’etichetta, spesso a prezzi che fino a qualche decennio fa sarebbero sembrati impossibili.
Questo non significa che tutti i capi siano uguali. Esiste ancora il cachemire di altissima qualità, con prezzi a tre zeri, e accanto un universo di prodotti più accessibili, ottenuti da fibre rigenerate o da miscele tra cachemire e altri filati naturali o sintetici. La “democratizzazione” del cachemire, insomma, è reale, ma richiede consapevolezza quando si acquista.
Che cos’è davvero il cachemire
Una delle confusioni più frequenti è pensare che il cachemire sia solo una lana più morbida. In realtà è qualcosa di diverso.
Mentre la lana tradizionale proviene dalla tosatura delle pecore, il cachemire si ottiene dal sottopelo delle capre Hircus, originarie dell’Asia centrale e delle regioni dell’Himalaya. La parte più preziosa è il duvet, la peluria finissima e isolante del sottomantello, raccolta tramite una pettinatura manuale durante la muta, tra fine inverno e inizio primavera.
Le fibre di cachemire sono molto più sottili rispetto alla lana comune, incredibilmente morbide e con una capacità di isolamento termico elevata pur mantenendo il capo leggero. È questa combinazione a renderlo ideale per maglioni, sciarpe, coperte e capi che devono essere caldi ma non pesanti.
Prezzi, miscele e cachemire “democratico”
Sul mercato oggi si trova di tutto, dal maglione 100% cachemire alla maglia con una percentuale ridotta mescolata ad altri filati. È proprio qui che il cachemire diventa “democratico”.
Esistono linee che puntano su filati misti o su cachemire rigenerato, riducendo la percentuale di fibra pregiata e rendendo il prezzo più accessibile. Alcuni marchi combinano cachemire con modal o viscosa per creare maglie ultraleggere, morbide sulla pelle e dal costo contenuto. In altri casi, come nelle collezioni più pregiate, il filato rimane 100% cachemire, con pesi diversi (2, 4 o più fili) che incidono su calore, consistenza e prezzo.
All’estremo superiore della gamma si trovano i grandi nomi del lusso italiano, dove un maglione liscio può superare facilmente i mille euro, arrivando a cifre molto più alte se il capo è lavorato, ricamato o ottenuto da fibre ancora più sottili e rare.
La regola di base è semplice, ma spesso ignorata, più aumenta la qualità delle fibre, la lavorazione e la purezza del filato, più il costo sale in modo significativo.
Dove nasce il cachemire e perché l’Italia è centrale
La produzione del cachemire parte quasi interamente dall’Asia, da Paesi come Cina, Mongolia, Afghanistan, Iran, India e Pakistan. Si stima che la produzione mondiale media annua ruoti intorno a pochi milioni di chilogrammi, una quantità relativamente ridotta se confrontata con altri filati, anche perché ogni capra fornisce in media solo tra 100 e 200 grammi di fibra fine all’anno.
Nonostante l’origine asiatica, l’Europa, e in particolare l’Italia, hanno un ruolo decisivo nella lavorazione di questa fibra. Una parte enorme del cachemire grezzo viene importata per essere trasformata in filato e poi in maglieria.
Le storiche zone del biellese e della Valsesia, insieme ad altre aree come l’Umbria, ospitano aziende specializzate che curano l’intero ciclo, dalla selezione del fiocco alla filatura, sfruttando anche la qualità delle acque locali, elemento importante per ottenere una mano morbida e una resa finale difficile da imitare altrove. È anche grazie a questa filiera che il made in Italy è diventato un riferimento mondiale per il cachemire di alta gamma.
Come riconoscere un buon capo in cachemire
In un mercato così affollato, saper distinguere un buon capo in cachemire è fondamentale. Alcuni indizi possono aiutare a orientarsi.
L’etichetta è il primo alleato, indicazioni come 100% cashmere segnalano un filato puro, mentre diciture con percentuali miste rivelano la presenza di altri materiali. Non è necessariamente un difetto, ma bisogna esserne consapevoli, soprattutto quando il prezzo è molto basso rispetto al cachemire tradizionale.
Al tatto il vero cachemire risulta morbido, caldo e avvolgente, ma non deve sembrare eccessivamente liscio o artificiale. Una sensazione troppo setosa può indicare trattamenti chimici o la presenza importante di fibre sintetiche. La trama deve essere uniforme, leggermente “morbida” alla vista, senza zone rigide o troppo lucide.
Esistono anche test più tecnici, come osservare il capo in controluce per valutarne consistenza e trasparenza, oppure prove di combustione su un singolo filo per distinguere le fibre naturali da quelle sintetiche. Si tratta però di strumenti da usare con grande cautela, meglio lasciarli a chi lavora professionalmente nel settore tessile, perché richiedono esperienza e attenzione.
Colori, finezze e perché alcuni cachemire costano molto di più
Non tutto il cachemire è uguale. Alcune caratteristiche ne determinano in modo deciso il valore.
La finezza della fibra, misurata in micron, è uno dei parametri più importanti, più le fibre sono sottili, più sono ricercate, morbide e costose. Differenze minime nei micron possono avere impatti enormi sui prezzi, soprattutto nelle produzioni di alta gamma.
Anche il colore naturale incide. Il bianco è in genere il più richiesto e il più caro, perché permette una tintura più versatile e uniforme. Seguono i grigi chiari e le tonalità brune, molto apprezzate anche nelle collezioni che valorizzano il cachemire non tinto, puntando su una estetica naturale e su un approccio più sostenibile.
Accanto alle produzioni industriali esistono poi realtà che lavorano in ottica slow fashion, concentrandosi su qualità, tracciabilità e durata nel tempo. In questo caso il prezzo riflette non solo la fibra, ma anche l’attenzione alla filiera, alle certificazioni e alla cura artigianale.
Come prendersi cura del cachemire
Una volta acquistato un capo in cachemire, la differenza tra un maglione che dura una stagione e uno che accompagna per anni la fa anche la manutenzione.
I capi vanno riposti al riparo dalle tarme, usando prodotti specifici negli armadi e nei cassetti. Il lavaggio è un altro punto delicato, in generale è preferibile un lavaggio a mano in acqua fredda o appena tiepida, con detergenti delicati, evitando sfregamenti energici e strizzature forti. Dopo il risciacquo, il capo va asciugato in piano, senza appenderlo per non deformarlo.
Piccole attenzioni come far “riposare” il maglione tra un utilizzo e l’altro, riporre i capi puliti a fine stagione e non sovraccaricarli di profumi o prodotti aggressivi contribuiscono a preservare nel tempo la morbidezza e la forma. Un buon cachemire, trattato bene, può diventare davvero un compagno di lunga durata, non solo un acquisto impulsivo.
30 Novembre 2025
© team icoe, editoriale blozine
https://www.blozine.it/home.do?dettagli=cachemire-lusso-morbido&key=1764501255
__
Le informazioni contenute in questo articolo sono tratte e rielaborate da fonti ufficiali e/o agenzie di stampa riconosciute, nel rispetto del presente codice etico redazionale.
blozine editoriale no-profit della
Centro studi su innovazione, comunicazione ed etica.
www.icoe.it
Copywriters
Francesca S., Matteo R., Laura A., Antonella B., Giorgio F., Anna C., Miriam M., Stefano G., Adele P. e Francesca N.
Chi siamo

seguici sulla nostra pagina Facebook e non perderai nessuna notizia!
Un "segui" vale più di quanto pensi: non costa nulla, ma sostiene un progetto libero, indipendente e senza sponsor. Più persone ci leggono, più le idee circolano.

BLOZINE
EDITORIALE E DISCLAIMER
CODICE ETICO
PRIVACY E COOKIES (GDPR)
FEED RSS

per non perdere nessuna notizia
editoriale NO-PROFIT della

Centro studi su innovazione, comunicazione ed etica.
www.icoe.it

© blozine, l'editoriale dalla B alla Z della www.icoe.it. Tutti i diritti sono riservati.