L’Europa si trova davanti a un bivio storico, e lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale non è più una questione futuristica, ma un tema che incide sul presente economico e sociale del continente. Le parole di Mario Draghi, pronunciate al Politecnico di Milano, hanno riportato al centro del dibattito una domanda fondamentale: cosa rischia l’Europa se non accelera sull’adozione delle tecnologie basate sull’Intelligenza artificiale? Secondo Draghi, la risposta è semplice e preoccupante: la stagnazione.
Il divario tecnologico che pesa sull’Europa
Il progresso tecnologico non aspetta nessuno. Paesi come gli Stati Uniti e alcune aree dell’Asia stanno avanzando rapidamente nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale, creando un solco che l’Europa fatica a colmare. Secondo Mario Draghi, se il continente non riuscirà ad adottare queste tecnologie su larga scala, rischia uno scenario di crescita debole. L’Intelligenza artificiale, invece, potrebbe contribuire ad aumentare il PIL europeo anche di oltre l’1% annuo, un’accelerazione che non si vede da decenni. Numeri che mostrano quanto sia decisivo il ruolo della tecnologia nella competitività economica.
Aiutare le persone, ridurre le disuguaglianze
Il dibattito pubblico associa spesso l’Ai al mondo delle imprese o ai temi della produttività. Tuttavia, uno degli aspetti più interessanti sottolineati da Draghi riguarda l’impatto sulla vita quotidiana. Le nuove tecnologie possono essere uno strumento per ridurre disuguaglianze sociali ormai radicate. Un esempio viene dal settore sanitario: studi americani riportano che strumenti digitali di triage e gestione dei flussi hanno ridotto i tempi di attesa nei pronto soccorso di circa il 50%. Sono innovazioni che non parlano solo agli esperti del settore, ma rispondono a bisogni reali delle persone.
Lavoro e Intelligenza artificiale, tra timori e realtà
Ogni rivoluzione tecnologica porta con sé un misto di speranze e paure. L’idea che l’Ai possa generare disoccupazione di massa esiste, ma la storia racconta un’altra verità. Le grandi trasformazioni del passato, dall’avvento dell’elettricità alla digitalizzazione, hanno creato più lavori di quanti ne abbiano distrutti. Come ricorda Mario Draghi, il cambiamento non è mai lineare: alcuni ruoli scompariranno, altri nasceranno, altri ancora si trasformeranno. Per questo motivo servono politiche attive e sistemi formativi moderni per accompagnare lavoratori e imprese in questa transizione.
Il ruolo decisivo della politica
La tecnologia da sola non basta. Le scelte politiche pesano quanto le innovazioni stesse. La rapidità con cui un Paese può adottare l’Intelligenza artificiale dipende dalla qualità della regolazione, dalla connettività digitale, dal costo dell’energia e dalla flessibilità del mercato del lavoro. Allo stesso modo, la capacità dei cittadini di ricollocarsi in nuovi ruoli dipende dai sistemi educativi, dalla formazione professionale e dalla volontà di riqualificare la forza lavoro esistente. L’Ocse stima che la maggior parte dei lavoratori esposti all’Ai non avrà bisogno di competenze tecniche avanzate, ma di abilità gestionali e organizzative, accessibili a milioni di persone.
Norme troppo rigide, Europa troppo lenta
Uno dei passaggi più critici evidenziati da Draghi riguarda la capacità dell’Europa di adattare le proprie normative. Nel mondo della tecnologia, dove l’innovazione procede velocemente, servono regole flessibili e aggiornabili. Eppure, l’Europa ha spesso trasformato valutazioni preliminari in norme rigide e difficili da modificare. Questa lentezza rischia di frenare l’adozione dell’Ai, proprio nel momento in cui sarebbe più necessaria per sostenere la crescita, affrontare l’invecchiamento della popolazione e mantenere in equilibrio i conti pubblici.
Crescita economica, debito e nuove sfide sociali
Le riflessioni sul futuro dell’Intelligenza artificiale si intrecciano con un tema cruciale: la sostenibilità economica. Per un continente che convive con un alto livello di debito, fermare la crescita significa aumentare il rischio di instabilità. Se il PIL non cresce mentre gli interessi continuano a maturare, i governi si trovano a dover scegliere tra priorità essenziali: pensioni, difesa, welfare sociale, transizione ecologica. L’Ai non risolve tutto, ma può aiutare a sostenere la crescita necessaria per mantenere queste tutele.
Il ruolo dei giovani e la sfida del futuro
Alla fine, il ragionamento di Mario Draghi punta verso un destinatario preciso: i giovani europei. Sono loro a dover pretendere un continente capace di offrire le stesse opportunità presenti in altre parti del mondo. Opportunità che non si costruiscono da sole: richiedono investimenti, scelte coraggiose, riforme e una capacità collettiva di guardare avanti senza paura del cambiamento. Secondo Draghi, saranno proprio i successi dei giovani a spingere istituzioni e regole a cambiare direzione.
01 Dicembre 2025
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