Il confronto tra Russia, Ucraina e occidente sembra essere entrato in una fase in cui ogni dichiarazione pesa più di un passo militare. Tra obiettivi ribaditi con fermezza, aperture solo apparenti e timori crescenti nelle capitali europee, si delinea un quadro diplomatico fragile, dove ogni attore cerca di non perdere terreno mentre la guerra continua a ridisegnare alleanze e priorità geopolitiche.
La fermezza del Cremlino sul Donbass
La posizione del presidente russo Vladimir Putin resta immutata, soprattutto riguardo ai territori del Donbass e a ciò che definisce Nuova Russia. La linea comunicativa è chiara: per il Cremlino quei territori sono parte integrante del suo disegno strategico e devono rimanere tali, con o senza un accordo. Durante una visita in India, in un’intervista destinata a segnare il tono delle prossime trattative, Putin ha ribadito che la Russia è pronta a usare la forza qualora le truppe ucraine non si ritirassero. Un messaggio che suona come una chiusura, nonostante i tentativi di mantenere aperti spiragli diplomatici.
L’apertura a est e il ruolo dell’India
Sul fronte internazionale, Mosca continua a consolidare la propria influenza verso est. Il colloquio con il premier indiano Narendra Modi è stato presentato come un successo, soprattutto per la scelta di Nuova Delhi di non allinearsi alle pressioni occidentali sul mercato energetico. Putin ha sottolineato con soddisfazione che l’India resta uno dei principali acquirenti del petrolio russo, un elemento che rafforza la strategia di Mosca nel diversificare le sue alleanze economiche e diplomatiche.
Tra incontri utili e divergenze irrisolte
Il presidente russo ha definito “molto utile” anche il recente confronto con gli americani Steve Witkoff e Jared Kushner, pur ammettendo che il dialogo non ha sciolto i nodi principali. Restano aperte questioni cruciali come le garanzie di sicurezza per Kiev e la possibilità di un’ingerenza occidentale limitata, oltre al veto russo sull’adesione dell’Ucraina alla Nato. “Ogni punto va discusso in dettaglio”, ha affermato Putin, evidenziando come ogni passo negoziale sia ben lontano da una soluzione definitiva.
L’atteggiamento degli Stati Uniti e il fattore Trump
Dall’altra parte del dialogo, Donald Trump mostra toni più concilianti nei confronti della Russia. La decisione di allentare una parte delle sanzioni verso Lukoil, permettendo ad alcune attività del gruppo di continuare a operare all’estero, è stata percepita come un segnale politico antesignano di un possibile cambio di rotta. Trump ha lasciato intendere che il Cremlino sarebbe disposto a porre fine al conflitto, un’interpretazione che però molti osservatori europei giudicano ottimistica e potenzialmente rischiosa.
L’inquietudine delle cancellerie europee
Le capitali europee guardano con crescente preoccupazione all’evoluzione dei rapporti tra Washington e Mosca. La ricostruzione di una recente call tra i leader occidentali, riportata dallo Spiegel, accende ulteriormente i riflettori sulla fragilità del fronte comune. In Europa cresce il timore che gli Stati Uniti possano fare concessioni territoriali senza adeguate garanzie, lasciando l’Ucraina – e il presidente Volodymyr Zelensky – esposta a un negoziato sfavorevole. Commenti attribuiti a Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Alexander Stubb, pur non confermati ufficialmente, indicano un clima di sospetto e un’incertezza crescente sull’affidabilità del sostegno americano.
Il viaggio di Macron in Cina, un tentativo di riequilibrio
In un contesto così complesso, Macron ha scelto di recarsi a Pechino per incontrare Xi Jinping. L’obiettivo è chiaro: coinvolgere il più influente alleato della Russia in un possibile sforzo di mediazione. La Cina, pur mantenendo una posizione ambigua, rappresenta un attore capace di esercitare pressioni significative sul Cremlino. Il viaggio del presidente francese sottolinea la volontà europea di non restare spettatrice passiva mentre altri ridisegnano gli equilibri globali.
05 Dicembre 2025
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