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La popolazione mondiale e il futuro demografico, crescita, declino e nuovi equilibri

Africa e Stati Uniti crescono, Europa e Asia vedono la popolazione diminuire rapidamente.

La popolazione mondiale e il futuro demografico, crescita, declino e nuovi equilibri

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Il futuro della popolazione mondiale, tra sfide economiche e sostenibilità.

Negli ultimi cento anni, la popolazione mondiale ha vissuto un’espansione senza precedenti, passando dai 2 miliardi del 1925 agli 8,2 miliardi del 2024. Questo aumento è stato trainato dal drastico calo della mortalità infantile, dai progressi medico-sanitari e dall’incremento dell’aspettativa di vita, che oggi ha raggiunto i 73,3 anni di media globale. Se in passato si temeva un’esplosione demografica incontrollata, oggi gli scenari stanno cambiando rapidamente.

Secondo il World Population Prospects, il rapporto periodico delle Nazioni Unite che monitora l’andamento demografico globale, negli ultimi anni le previsioni sono state riviste al ribasso. Il motivo principale è il crollo del tasso di fertilità: per mantenere stabile la popolazione, ogni donna in età fertile dovrebbe avere in media 2,1 figli, ma il tasso globale è sceso drasticamente, passando dai 5,1 figli per donna del 1965 ai 2,2 attuali. In 131 Paesi del mondo si è già sotto questa soglia, con conseguenze rilevanti per il futuro.

I Paesi già in declino demografico

Il rapporto delle Nazioni Unite suddivide il pianeta in tre gruppi in base alle tendenze demografiche. Nel primo gruppo rientrano 63 Paesi, principalmente in Europa e Asia, dove la popolazione ha già raggiunto il picco e sta iniziando a diminuire. Queste nazioni, che ospitano il 28% della popolazione mondiale, perderanno il 14% dei loro abitanti entro il 2054.

La Russia, per esempio, ha toccato il suo massimo demografico nel 1992 con 149 milioni di abitanti, ma oggi ne conta 4 milioni in meno e ne perderà altri 10 milioni entro il 2054. L’Ucraina, da 51,8 milioni di abitanti nel 1995, è scesa a 37 milioni e ne conterà appena 30 milioni entro il 2054. Anche l’Italia è in calo: dopo il picco di 60,6 milioni di abitanti nel 2014, ha perso un milione di persone in dieci anni e scenderà a 50 milioni entro il 2054 e a 35,5 milioni alla fine del secolo.

Tra gli altri Paesi destinati a perdere popolazione ci sono Germania e Spagna, che inizieranno il declino demografico nel 2024, con previsioni di riduzione rispettivamente di 7,2 e 3,8 milioni di abitanti entro i prossimi trent’anni. Questo fenomeno è legato a fattori culturali ed economici: un maggiore accesso alla contraccezione, il rinvio della maternità per istruzione e carriera, e la necessità per le donne di contribuire al bilancio familiare.

Il caso asiatico, Cina e Giappone in declino

Anche la Cina rientra tra i Paesi in declino demografico. La politica del figlio unico, imposta da Deng Xiaoping nel 1979 e abolita solo nel 2013, ha lasciato un segno indelebile. Il Paese ha raggiunto il picco di 1,426 miliardi di abitanti nel 2021, ma da allora ha perso 6 milioni di persone e perderà 204 milioni entro il 2054, registrando il più rapido crollo demografico della storia.

In Giappone, che aveva toccato il massimo nel 2010 con 128 milioni di abitanti, la popolazione è scesa a 124 milioni e si ridurrà a 102 milioni entro il 2054. La Corea del Sud, dal 2021 in fase di declino, passerà dagli attuali 51,7 milioni a 43 milioni nei prossimi trent’anni, per poi dimezzarsi entro il 2100.

Paesi in crescita, ma solo temporaneamente

Nel secondo gruppo rientrano 48 Paesi, pari al 10% della popolazione mondiale, che raggiungeranno il picco demografico entro i prossimi trent’anni prima di iniziare il declino. Tra questi il Brasile, che passerà da 211 a 215 milioni di abitanti entro il 2054, l’Iran, che salirà da 91 a 102 milioni, la Turchia, che crescerà fino a 90 milioni, e il Vietnam, che raggiungerà 110 milioni. Dopo questo periodo, anche questi Paesi inizieranno a perdere abitanti.

L’Africa subsahariana, il motore della crescita

Il terzo gruppo raccoglie 126 Paesi e comprende la maggior parte dell’umanità. Qui, la crescita demografica continuerà per tutto il secolo, con un incremento del 38% nei prossimi trent’anni. In particolare, l’Africa subsahariana triplicherà la sua popolazione, passando dagli attuali 1,2 miliardi a 3,3 miliardi di abitanti entro il 2100.

I numeri più impressionanti si registrano nella Repubblica Democratica del Congo, che da 107 milioni salirà a 429 milioni di abitanti, nell’Etiopia, che crescerà da 130 a 366 milioni, e nella Nigeria, destinata a passare da 230 a 476 milioni di abitanti. Anche gli Stati Uniti, nonostante un tasso di fertilità basso (1,6 figli per donna), cresceranno grazie all’immigrazione, raggiungendo i 421 milioni di abitanti entro il 2100.

Gli effetti sul futuro e le strategie per bilanciare il declino

Il picco della popolazione mondiale sarà raggiunto intorno al 2080 con 10,3 miliardi di abitanti, dopodiché inizierà una graduale riduzione, portando il totale a 10,2 miliardi entro il 2100. Questo fenomeno è parte della transizione demografica, un processo irreversibile che vedrà la popolazione stabilizzarsi prima di iniziare il declino.

Per i Paesi che registrano tassi di fertilità inferiori alla soglia di sostituzione, si prospettano sfide complesse, soprattutto nella gestione della forza lavoro e della spesa pensionistica. Germania, Russia, Giappone, Spagna, Italia, Cina e Corea del Sud avranno bisogno di strategie mirate per contrastare gli effetti negativi della riduzione demografica. Tra le soluzioni proposte ci sono il miglioramento delle politiche familiari, la gestione dei flussi migratori e l’integrazione della robotica e dell’intelligenza artificiale per mantenere la produttività.

Un’opportunità per un futuro più sostenibile

Secondo le Nazioni Unite, il picco demografico precoce rappresenta un’opportunità per evitare la sovrappopolazione e promuovere uno sviluppo più sostenibile. Il cambiamento nei modelli sociali ed economici deve ora concentrarsi sulla qualità della vita anziché sulla quantità della popolazione.

L’impatto sulla crisi climatica, però, resta incerto. Se da un lato un calo della popolazione potrebbe ridurre l’impronta ecologica, dall’altro il benessere crescente porta a maggiori consumi. Il Global Carbon Budget ha rilevato che nel 2023 le emissioni pro capite erano più alte nei Paesi più sviluppati: Nord America (10,1 tonnellate di CO2 per persona), Europa (6,6), Asia (4,7), America Latina (2,5) e Africa (0,96). Questo dimostra che la riduzione della popolazione non implica automaticamente un calo delle emissioni.

La sfida per il futuro sarà trovare il giusto equilibrio tra crescita economica, sostenibilità e gestione delle risorse, per garantire un mondo prospero e abitabile per le generazioni future.


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13 Febbraio 2025
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