L’Intelligenza Artificiale sta diventando il terreno di scontro delle potenze globali, con investimenti colossali e strategie diverse tra Stati Uniti, Cina ed Europa. La recente serie di annunci da parte dei leader europei ha acceso il dibattito su quale sia realmente il ruolo dell’Unione Europea in questa competizione.
La sfida della Francia e il piano europeo
Tutto ha avuto inizio con l’intervento di Emmanuel Macron all’AI Summit di Parigi, durante il quale ha annunciato un investimento di 109 miliardi di euro per la costruzione di infrastrutture dedicate all’Intelligenza Artificiale. Il piano, supportato da Emirati Arabi Uniti e dal fondo canadese Brookfield, prevede la creazione di data center e lo sviluppo di chip specializzati, con la prospettiva di generare 100mila posti di lavoro.
Nemmeno ventiquattr’ore dopo, sempre durante lo stesso evento, Ursula Von Der Leyen ha presentato InvestAI, un’iniziativa da 200 miliardi di euro, di cui 50 miliardi stanziati dalla Commissione Europea e il resto atteso da investitori privati. Il fulcro del piano è la creazione di gigafabbriche dedicate allo sviluppo e all’addestramento di modelli di IA, cercando di posizionare l’Europa in un mercato sempre più dominato dagli Stati Uniti e dalla Cina.
Rincorrere gli Stati Uniti e la Cina è una strategia vincente?
Questi investimenti, per quanto significativi, si pongono in netto contrasto con il recente passato dell’Unione Europea. Fino a dicembre 2023, infatti, l’UE aveva annunciato appena 1,5 miliardi di euro per la creazione di sette supercomputer da mettere a disposizione di startup e ricercatori. Oggi si parla di centinaia di miliardi, in un evidente tentativo di recuperare il ritardo accumulato nei confronti delle altre potenze mondiali. Ma questa strategia è sostenibile?
L’annuncio del piano europeo è apparso come una reazione al colossale progetto Stargate, lanciato da Donald Trump con il sostegno di OpenAI e della giapponese Softbank. Un’iniziativa che prevede un investimento iniziale di 100 miliardi di dollari, destinati a crescere fino a 500 miliardi nei prossimi quattro anni, per realizzare l’infrastruttura cloud più grande della storia. Un colpo che ha svegliato l’Europa, ma che ha anche sollevato numerose critiche sulla direzione che sta prendendo l’UE in questa sfida.
L’Europa può davvero competere?
Secondo molti analisti, la risposta è no. L’Europa non dispone del tessuto industriale, delle capacità tecnologiche né del capitale privato per competere con Stati Uniti e Cina in questo settore. I numeri parlano chiaro: tra il 2013 e il 2022, gli Stati Uniti hanno investito 249 miliardi di dollari in IA, la Cina 95 miliardi, mentre la Francia e la Germania – le due nazioni più avanzate dell’UE – insieme hanno raggiunto appena 14 miliardi.
La competizione si gioca tra colossi come OpenAI, Meta, Google, Alibaba e Tencent, con l’Europa quasi assente dal panorama globale, se si escludono startup come la francese MistralAI o la tedesca DeepL. Anche l’impatto dell’architettura transformer, che ha dato vita a strumenti rivoluzionari come ChatGPT e Midjourney, ha visto l’Europa rimanere ai margini dello sviluppo.
Deepseek, la lezione dalla Cina
Un caso esemplare che evidenzia i limiti dell’approccio europeo è quello di DeepSeek. Questa startup cinese ha rivoluzionato il settore dell’Intelligenza Artificiale con un investimento di soli 6 milioni di dollari per l’addestramento del proprio modello V3, utilizzando appena 2mila GPU di Nvidia, in netto contrasto con i miliardi spesi da OpenAI per lo sviluppo di GPT-4.
DeepSeek ha dimostrato che è possibile ottenere risultati competitivi con un uso intelligente delle risorse, grazie a tecniche di distillazione che consentono di creare modelli di IA più efficienti senza dover ricorrere a infrastrutture mastodontiche. Questo approccio ha sollevato seri dubbi sulla necessità di progetti come Stargate e sulle recenti mosse dell’Europa.
Se l’UE non può competere sul piano delle infrastrutture, potrebbe invece puntare su efficienza e innovazione, evitando investimenti colossali che rischiano di rivelarsi insostenibili nel lungo periodo.
Regolamentare invece di inseguire
L’Europa, negli ultimi anni, si è distinta più per la sua capacità di regolamentare il settore tecnologico che per il suo ruolo nello sviluppo di nuove tecnologie. Dalla GDPR all’AI Act, passando per il Digital Services Act e il Digital Markets Act, il Vecchio Continente si è concentrato sulla protezione dei dati, sulla sicurezza e sulla lotta al monopolio delle Big Tech.
Ora, con questa corsa improvvisa agli investimenti, sembra voler cambiare rotta. Ma è la strada giusta? E se l’IA fosse una bolla destinata a esplodere? E se l’Europa, invece di inseguire gli Stati Uniti, dovesse concentrarsi sul proprio punto di forza: la regolamentazione etica e la tutela della privacy?
Mentre Ursula Von Der Leyen e Emmanuel Macron parlano di leadership europea nel settore dell’IA, la realtà è che l’Europa non ha le basi industriali per competere con le grandi potenze tecnologiche. Forse, il vero ruolo dell’Unione Europea non è nella costruzione di gigafabbriche, ma nella creazione di un quadro normativo che protegga cittadini e imprese dagli effetti negativi dell’Intelligenza Artificiale.
15 Marzo 2025
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