Dopo la tregua legata alla moratoria del 2020, le imprese italiane sono tornate a chiudere i battenti, e lo stanno facendo in modo preoccupante. Alla fine del 2024 si è registrato un aumento del 17,2% dei fallimenti rispetto all’anno precedente, ben oltre il +9,8% del 2023. In cifre assolute, i casi sono passati da 7.848 a 9.194. Lo conferma l’Osservatorio Procedure e Liquidazioni di Cerved, società specializzata nell’analisi predittiva a supporto delle decisioni aziendali. Il dato più inquietante riguarda le imprese giovani, sempre più fragili davanti a un contesto economico instabile.
Nord-Ovest in difficoltà, costruzioni e industria sotto pressione
Il 30% delle procedure si concentra nel Nord-Ovest, con la Lombardia in prima posizione. Seguono il Centro con il 24,3%, il Sud con il 19%, il Nord-Est con il 17,6% e le Isole con l’8,7%. Le società di capitali rappresentano l’82% dei fallimenti, mentre i settori più colpiti sono le Costruzioni (+25,7%) e l’Industria (+21,2%). A spiccare sono il comparto dei Metalli (+48,4%) e il Sistema Moda (+41,1%), che mostrano tutta la vulnerabilità di comparti storicamente trainanti.
Le imprese giovani pagano il prezzo più alto
Uno degli aspetti più rilevanti è il cambiamento nella composizione anagrafica delle imprese coinvolte. Le aziende con meno di cinque anni di vita sono passate dal 2% del totale nel 2022 al 12% nel 2024. Anche quelle tra i cinque e i dieci anni sono aumentate, dal 25% al 28%. L’instabilità economica, l’aumento dei costi energetici e degli oneri finanziari hanno colpito con forza soprattutto le realtà più recenti, meno strutturate e con minori risorse a disposizione.
Il nuovo codice accelera l’apertura delle procedure
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, pienamente operativo dal terzo trimestre 2022, ha contribuito all’esplosione delle nuove procedure. I procedimenti unitari e le misure protettive sono saliti da 1.177 casi nel 2022 a 3.194 nel 2023, fino a toccare quota 4.389 nel 2024. Un aumento del 170% in due anni, che mostra quanto le aziende si trovino costrette a gestire la crisi, più che prevenirla, ricorrendo a strumenti giuridici sempre più diffusi.
Le chiusure volontarie non si fermano, cresce il numero delle rinunce
Anche le liquidazioni volontarie mostrano una tendenza in crescita: +12,7% nel 2024 rispetto all’anno precedente, per un totale di 119.597 casi. Si tratta in gran parte di società di capitali che decidono di interrompere l’attività prima di trovarsi in condizioni peggiori. A guidare questa classifica è ancora una volta il Nord-Ovest, mentre al Centro e nel Nord-Est i numeri sono in calo. Sud e Isole mostrano invece una crescita costante. I comparti più coinvolti sono i Servizi, la Distribuzione e le Costruzioni.
Una crisi strutturale che attraversa tutti i settori
La fotografia scattata da Cerved racconta una realtà profonda e trasversale. La maggior parte dei comparti, ad eccezione di Energia, Utility, Largo Consumo e Chimica e Farmaceutica, mostra un aumento di procedure. L’Industria è tra le più penalizzate, con il settore dei Metalli e della Lavorazione dei metalli in crescita del 48,4%, seguito da Sistema Moda (+41,1%), Elettrotecnica e Informatica (+33,3%) e Sistema Casa (+22,9%). In un contesto come questo, la fragilità imprenditoriale diventa una variabile chiave, e la giovinezza di un’azienda può rappresentare più un rischio che una risorsa.
14 Aprile 2025
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