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Negoziati e guerra, un equilibrio precario tra tregua e minacce

Istanbul teatro di incontri senza svolte, tra minacce di nuove sanzioni e scambi di accuse incrociate.

Negoziati e guerra, un equilibrio precario tra tregua e minacce

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Da Istanbul segnali contrastanti mentre continuano i colloqui tra Russia e Ucraina

Nel cuore di Istanbul si sono riaccese le flebili speranze di una tregua tra Russia e Ucraina. Le delegazioni delle due nazioni hanno deciso di proseguire il dialogo, pur restando ferme nelle proprie posizioni. Vladimir Medinsky, a capo della delegazione russa, ha confermato che entrambe le parti sono pronte a mettere nero su bianco le rispettive proposte per un cessate il fuoco, pur ribadendo che storicamente le guerre non attendono la fine dei negoziati per continuare a mietere vittime.

Le richieste di Kiev e le mosse di Mosca, un confronto ancora senza sintonia

Kiev ha espresso con fermezza l’urgenza di ottenere un cessate il fuoco totale e senza condizioni, giudicando le pretese russe non solo inaccettabili, ma addirittura provocatorie. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenuto al summit di Tirana, ha bollato come insignificante la delegazione russa presente a Istanbul, dichiarandola priva di poteri decisionali. Dal canto suo, Mosca ha respinto ogni accusa, sostenendo che le richieste ucraine siano irrealistiche e che Kiev stia cercando di replicare logiche ormai superate del 2022.

Il ruolo ambiguo degli attori internazionali e la pressione crescente su Putin

Intanto la diplomazia internazionale si muove su più tavoli. A Istanbul si sono susseguiti incontri a porte chiuse tra Ucraina, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania, mentre parallelamente il ministro britannico John Healey ha lanciato un segnale forte, aprendo all’ipotesi di un coinvolgimento diretto con truppe in Ucraina. Ursula von der Leyen e Keir Starmer hanno puntato il dito contro Vladimir Putin, accusandolo di prendere tempo e di ostacolare qualunque apertura di pace. La linea europea appare compatta nell’imporre nuove sanzioni come risposta alla chiusura russa.

Lo scambio di prigionieri e i segnali ambigui da Istanbul

Sul tavolo delle trattative è emersa anche la proposta di uno scambio di mille prigionieri per parte, avanzata dal ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov. Ma il contesto resta fragile e segnato da una profonda sfiducia reciproca. Kiev denuncia il tentativo di Mosca di isolare gli Stati Uniti dai colloqui per condurre trattative bilaterali e spostare l’equilibrio diplomatico. Un’accusa che fa eco alle parole del cardinale Pietro Parolin, che ha definito la situazione drammatica, offrendo la disponibilità del Vaticano a ospitare eventuali futuri colloqui.

Trump rilancia la diplomazia personale mentre la Cina invoca un accordo equo

A sorprendere è stata l’improvvisa dichiarazione di Donald Trump, che dal suo viaggio ad Abu Dhabi ha espresso il desiderio di incontrare quanto prima Vladimir Putin, lanciando un chiaro messaggio alla diplomazia internazionale. Nel frattempo la Cina ha invitato tutte le parti a proseguire i negoziati per raggiungere un accordo equo e duraturo, ribadendo la propria posizione neutrale ma attiva nel favorire il dialogo.

La conferma dei limiti di un processo negoziale incerto e pieno di ostacoli

La giornata di Istanbul si è conclusa senza alcuna svolta sostanziale. L’impressione generale è che le trattative stiano navigando a vista, con posizioni inconciliabili che rischiano di trasformare il tavolo dei negoziati in una vetrina propagandistica. Resta l’amarezza di un conflitto che, pur tra mille interlocutori e formati di dialogo, sembra ancora lontano da una soluzione concreta e condivisa.


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16 Maggio 2025
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