Secondo una recente stima diffusa da Un Women, l’ente delle Nazioni Unite dedicato all’uguaglianza di genere, oltre 28.000 donne e ragazze avrebbero perso la vita a Gaza dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023. Una cifra che fa tremare i polsi, se si considera che equivale, in media, alla morte di una donna o ragazza ogni ora. Numeri che trasformano il conflitto in un’emergenza umanitaria al femminile, oltre che militare e geopolitica.
Il prezzo più alto lo pagano le madri
Tra le vittime, sottolinea Un Women, ci sono migliaia di madri. Madri che non solo hanno perso la vita, ma hanno lasciato dietro di sé bambini orfani, famiglie spezzate e intere comunità in lutto. Il vuoto che lasciano non si misura soltanto nei numeri, ma nel trauma collettivo che resta inciso nella società palestinese. È un prezzo umano che va ben oltre le statistiche.
Numeri drammatici ma difficili da verificare
Nonostante la gravità delle cifre, le Nazioni Unite riconoscono che si tratta di dati forniti dall’amministrazione locale di Gaza. I team Onu sul territorio non sono in grado di verificare in modo indipendente il bilancio, a causa delle condizioni estreme in cui versano gli ospedali ancora operativi. I bombardamenti continui, l’accesso limitato e la carenza di risorse rendono quasi impossibile un riscontro diretto.
Ospedali al collasso, verità inaccessibili
Le strutture sanitarie della Striscia di Gaza faticano a gestire il flusso ininterrotto di feriti e vittime. I dati ufficiali si basano spesso su comunicazioni di emergenza, registrazioni parziali o testimonianze indirette. In questo contesto, la possibilità di avere una stima oggettiva e completa diventa remota. La guerra, oltre a distruggere vite, distrugge anche la capacità di raccontare quelle vite con precisione.
Il silenzio oltre le cifre
Al di là dei numeri e delle dichiarazioni ufficiali, resta il silenzio assordante di chi non ha più voce. Ogni donna uccisa rappresenta una storia interrotta, un futuro annullato, un ruolo spezzato in una rete familiare già fragile. Il conflitto ha reso invisibili proprio coloro che in molte società sono le fondamenta della vita quotidiana. In assenza di immagini, restano le cifre, ma non bastano a raccontare la verità.
Serve un’azione globale di protezione
Di fronte a un simile bilancio umano, la comunità internazionale è chiamata a rinnovare il proprio impegno verso la protezione delle civili nei conflitti. Le donne, spesso le più esposte e meno protette, meritano attenzione non solo come vittime, ma come portatrici di resilienza e ricostruzione. Ogni vita spezzata è una perdita per l’intera umanità. E tacerla significa accettarla.
21 Maggio 2025
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