Un tribunale statunitense ha messo un freno a una delle armi economiche preferite da Donald Trump: i dazi. Con una sentenza destinata a fare scuola, tre giudici della Us Court of International Trade hanno dichiarato illegale l’imposizione di tariffe decisa dal presidente, sostenendo che la legge da lui invocata non gli conferisse tale potere. La Casa Bianca ha reagito con durezza, parlando di un "colpo di stato giudiziario", mentre il caso si avvia verso possibili scenari da Corte Suprema.
La corte taglia le ali ai dazi trumpiani
La decisione della Us Court of International Trade si è concentrata su due casi specifici che riguardavano l’applicazione dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa), una legge del 1977 concepita per affrontare crisi internazionali, ma mai utilizzata prima per imporre dazi commerciali. I giudici hanno chiarito che tale norma non può essere interpretata come una delega illimitata al potere esecutivo per introdurre tariffe a piacimento. Il verdetto di 50 pagine ha avuto effetto immediato: i dazi sono stati annullati e i mercati finanziari hanno risposto con entusiasmo.
La reazione furiosa della casa bianca
La reazione dell’entourage trumpiano non si è fatta attendere. Stephen Miller, allora vice capo dello staff, ha parlato di "giudici fuori controllo", mentre un portavoce ha ribadito che non è compito dei tribunali stabilire come affrontare un’emergenza nazionale. Il messaggio è chiaro: per Trump, la protezione dell’economia americana viene prima di tutto e le istituzioni giudiziarie che si oppongono al suo approccio sono viste come un ostacolo da aggirare, anche a costo di scontrarsi con l’equilibrio dei poteri previsto dalla Costituzione.
Un verdetto che pesa sull’economia globale
Con l’appello già annunciato dall’amministrazione, il caso potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema, aprendo la strada a una pronuncia che rischia di avere implicazioni globali. Il tema dei dazi, infatti, è centrale per l’equilibrio del commercio mondiale. Gli attori economici, sia negli Stati Uniti sia all’estero, guardano con attenzione all’evolversi della vicenda, consapevoli che una conferma definitiva del blocco ai dazi cambierebbe il volto delle future politiche commerciali americane.
Pechino al contrattacco, via i dazi unilaterali
Intanto, la Cina ha colto al volo l’occasione per tornare alla carica contro le politiche protezionistiche statunitensi. La portavoce del ministero del Commercio He Yongqian ha chiesto a Washington di cancellare "tutti i dazi unilaterali impropri", accusando gli Stati Uniti di abuso nei controlli sulle esportazioni tecnologiche, in particolare quelle legate ai semiconduttori. Pechino punta a tenere aperto il dialogo ma non smette di denunciare le pressioni commerciali, cercando alleati nei consessi multilaterali.
Mercati in fermento tra ottimismo e attese
Le Borse europee hanno reagito con moderato ottimismo alla decisione della corte americana. L’indice Stoxx 600 è salito dello 0,4%, trainato dal comparto tecnologico e dai risultati di Nvidia. Anche il settore del lusso e quello automobilistico hanno mostrato segni di ripresa. In rialzo anche il petrolio, con il Wti e il Brent in crescita di quasi il 2%. In calo l’oro, mentre il Bitcoin registra un lieve aumento. I mercati sembrano interpretare lo stop ai dazi come un possibile ritorno a un commercio globale più stabile, anche se l’incertezza giudiziaria resta elevata.
La politica dei dazi resta un nervo scoperto
Per Donald Trump, la sconfitta in tribunale rappresenta un affronto personale, soprattutto perché i dazi sono sempre stati un suo cavallo di battaglia. Irritato anche da una pungente definizione affibbiatagli da un giornalista del Financial Times – Taco Trade, acronimo di Trump always chickens out – il presidente ha preferito liquidare la questione con una battuta: "Si chiamano trattative". Un commento che non scioglie i nodi di una strategia commerciale oscillante tra minacce e ritiri, e che oggi si scontra con i limiti imposti dallo stato di diritto.
29 Maggio 2025
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