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Piano di pace per Gaza, un cessate il fuoco che apre a una fragile speranza

Accordo a Sharm el Sheik tra Israele e Hamas, cessate il fuoco immediato e scambio di ostaggi, ma il futuro di Gaza resta incerto

Piano di pace per Gaza, un cessate il fuoco che apre a una fragile speranza

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Cessate il fuoco, rilascio di ostaggi e corridoio umanitario, il piano per Gaza apre a una fragile speranza di stabilità

La notte di Sharm el Sheik ha segnato un passo importante nella lunga e dolorosa storia del conflitto tra Israele e Hamas. Dopo mesi di trattative, è stato raggiunto un accordo che prevede il cessate il fuoco immediato, il ritiro graduale dell’Idf dalla Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi. A questi si aggiunge un corridoio umanitario per garantire l’ingresso di aiuti destinati alla popolazione civile.

Un cessate il fuoco immediato e totale

Il primo punto dell’accordo riguarda la fine immediata delle ostilità. Entro ventiquattro ore dalla ratifica del governo di Benjamin Netanyahu, entrerà in vigore il cessate il fuoco su tutto il territorio di Gaza. Una decisione che, almeno nelle intenzioni, segna una sospensione della violenza e apre uno spiraglio di dialogo dopo mesi di devastazione e vittime civili.

La liberazione degli ostaggi e dei prigionieri

Entro settantadue ore dall’approvazione dell’intesa, saranno rilasciati gli ostaggi ancora in vita, stimati in una ventina di persone. In cambio, Israele procederà alla liberazione di circa duemila prigionieri palestinesi, di cui 250 condannati all’ergastolo. Resta incerto il destino di figure di rilievo come Marwan Barghouti, il cui nome non compare tra i detenuti destinati al rilascio. Questo punto rappresenta uno dei nodi politici più sensibili dell’accordo, poiché tocca simboli e leadership interne alla società palestinese.

Il ritiro dell’esercito israeliano

Il piano prevede un progressivo ritiro delle truppe israeliane entro ventiquattro ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. Le forze dell’Idf dovranno arretrare dietro la cosiddetta “linea gialla”, tracciata a seconda della profondità delle aree di Gaza, variabile da 1,5 a oltre 5 chilometri dal confine. Il ritiro riguarderà anche Gaza City e le altre principali città, con l’eccezione di Rafah, ritenuta da Israele un punto strategico per il traffico di armi. Nonostante ciò, l’esercito manterrà il controllo di circa il 53% del territorio della Striscia.

Aiuti umanitari per una popolazione stremata

Un corridoio umanitario consentirà l’ingresso quotidiano di almeno 400 camion di aiuti. Si tratta di un intervento vitale per una popolazione allo stremo, che vive da mesi senza acqua, elettricità e risorse mediche sufficienti. Il coordinamento logistico sarà supervisionato da organismi internazionali e Paesi terzi, per garantire la distribuzione equa dei beni di prima necessità.

I nodi della seconda fase negoziale

La prossima fase dei negoziati dovrà affrontare i temi più complessi. Tra questi, l’ulteriore ritiro dell’Idf dietro la “linea rossa”, più esterna, e la creazione di una “zona cuscinetto” lungo il confine con Israele. Il cosiddetto piano Trump prevede anche la nascita di un’amministrazione provvisoria internazionale a guida statunitense, con la partecipazione di Paesi arabi e dell’ex premier britannico Tony Blair. È inoltre prevista una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf), composta da partner arabi e occidentali, da schierare immediatamente nella Striscia per garantire sicurezza e monitoraggio.

Il futuro di Gaza e il sogno di uno Stato Palestinese

Il capitolo finale del piano guarda al dopo guerra: la stabilizzazione della Striscia e l’eventuale costruzione di un futuro Stato Palestinese. Tuttavia, Israele mantiene la sua ferma opposizione, mentre Hamas si dichiara contrario a qualsiasi forma di amministrazione straniera, accettando però la possibilità di un governo tecnico palestinese sotto l’egida dell’Autorità Nazionale Palestinese, con garanzie da parte dei Paesi arabi e musulmani.

L’accordo di Sharm el Sheik non è una pace definitiva, ma una tregua fragile, costruita su equilibri instabili e molte incognite. Eppure, in mezzo a tanta incertezza, rappresenta un piccolo passo verso la possibilità — ancora lontana ma non impossibile — di un Medio Oriente finalmente libero dal rumore delle armi.


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10 Ottobre 2025
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