L’Europa si trova davanti a un bivio storico. In un mondo in rapida trasformazione, dove le certezze geopolitiche vacillano e i valori fondanti dell’Unione vengono messi in discussione, Mario Draghi torna a richiamare l’attenzione sulla necessità di un nuovo equilibrio. Dal palco del Teatro Campoamor di Oviedo, in occasione del Premio Princesa de Asturias per la Cooperazione Internazionale, l’ex presidente della Banca Centrale Europea ha delineato con chiarezza la sua visione: un’Europa che non può più permettersi di restare immobile.
Un continente che fatica a rispondere
Per Draghi, “quasi ogni principio su cui si fonda l’Ue è sotto attacco”. Una frase che racchiude la complessità del momento attuale. L’Europa, costruita su cooperazione, democrazia e apertura, si trova oggi a fare i conti con nazionalismi, protezionismo e frammentazione politica. Già a Coimbra, davanti al presidente Sergio Mattarella, Draghi aveva sottolineato come il progetto europeo rischi di perdere coesione. A Oviedo, il messaggio è diventato un vero e proprio avvertimento: il mondo è cambiato, ma l’Europa non sta cambiando abbastanza.
Il federalismo pragmatico come via d’uscita
La risposta, secondo l’ex premier italiano, non risiede nei grandi ideali astratti, ma in un federalismo pragmatico. Un modello concreto, flessibile e orientato ai risultati, capace di unire i Paesi su temi strategici comuni. Draghi propone la creazione di “coalizioni di volenterosi” pronte ad agire dove i meccanismi dell’Unione risultano troppo lenti o paralizzati dai veti. Non tutti i Paesi, ha spiegato, devono necessariamente muoversi allo stesso ritmo, ma è indispensabile che condividano gli stessi obiettivi: sicurezza, energia, difesa, innovazione, competitività.
Un’Europa bloccata dai veti
Il riferimento ai recenti vertici europei è diretto. Ancora una volta, sul tema dell’Ucraina, le conclusioni sono state approvate “a 26”, con l’esclusione dell’Ungheria. Anche la proposta di utilizzare gli asset russi per finanziare la ricostruzione di Kiev si è arenata tra i veti del Belgio e le perplessità di diverse capitali, compresa Roma. Persino sul fronte del Green Deal e della competitività economica, le divisioni sono evidenti. Per questo, il 12 febbraio, si terrà un Consiglio europeo straordinario dedicato al dossier.
Draghi e Letta, due visioni per l’Europa del futuro
A quel tavolo saranno presenti due figure chiave: Mario Draghi e Enrico Letta, autori rispettivamente dei rapporti su competitività e mercato unico. Entrambi concordano su un punto: l’Europa deve ritrovare la capacità di decidere. “Abbiamo costruito la nostra prosperità sull’apertura e sul multilateralismo”, ha ricordato Draghi. Ma oggi, il mondo procede in senso opposto, verso chiusure e rivalità economiche. “Abbiamo creduto che la diplomazia potesse garantire la sicurezza”, ha aggiunto, “ma ora vediamo tornare la potenza militare come strumento di influenza”.
Una crisi diversa dalle altre
Negli ultimi vent’anni l’Unione Europea ha dimostrato di sapersi rialzare: dopo la crisi del debito sovrano, dopo la pandemia, ha reagito trovando soluzioni comuni. Ma oggi la sfida è più complessa. Non si tratta solo di economia o sanità, ma di identità, sicurezza, e ruolo geopolitico. Come ha domandato Draghi, lasciando sospesa una riflessione cruciale: “Quanto grave deve diventare una crisi affinché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?”
Un appello al coraggio politico
Il monito finale di Draghi non è solo rivolto ai governi, ma a tutti i cittadini europei. Il futuro dell’Unione dipenderà dalla capacità di superare gli egoismi nazionali e di costruire un progetto condiviso, fondato su responsabilità e visione. L’Europa del XXI secolo – ha ricordato l’ex premier – non può essere solo un’area di libero scambio, ma una comunità di destino.
24 Ottobre 2025
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