Dietro ogni grande marchio italiano c’è una storia fatta di artigiani, di piccole imprese, di mani che lavorano e menti che si incontrano. Ma oggi, da sole, le piccole e medie imprese (PMI) non bastano più. Il mercato globale corre, e l’unico modo per non restare indietro è imparare a fare rete.
È proprio da qui che parte il libro “Reti di impresa, il futuro delle PMI – Il Made in Italy passa da qui”, curato da Claudio Orlandini per Historica / Giubilei Regnani. Un testo collettivo, scritto da economisti, giuristi, comunicatori e manager, che spiega con parole concrete come la collaborazione possa diventare la chiave del successo per il Made in Italy.
Unire le forze senza perdere l’identità
L’idea alla base delle reti di impresa è semplice: più aziende possono unirsi, collaborare, condividere risorse e obiettivi, senza rinunciare alla propria autonomia. È un modo per essere grandi insieme, restando piccoli.
La legge che ha introdotto questo modello, la n. 33 del 2009, ha aperto la strada a un modo tutto italiano di fare impresa: cooperativo, flessibile, intelligente.
Non si tratta di fusioni o di acquisizioni, ma di alleanze, spesso nate tra aziende dello stesso territorio, che decidono di crescere insieme, innovare e affrontare i mercati internazionali.
Dal giuridico all’umano, un racconto di collaborazione
Il libro si muove tra economia, diritto, marketing e comunicazione, ma non è un manuale tecnico. È un racconto collettivo su come il lavoro di squadra possa cambiare il destino delle imprese italiane.
Ogni autore porta il suo punto di vista: da Alberto Felice De Toni a Stefano Epifani, fino a Francesco Giorgino, si intrecciano riflessioni sul futuro del Made in Italy, sul ruolo dell’innovazione e su quanto sia fondamentale oggi saper raccontare il proprio valore.
Il manager di rete, il regista del cambiamento
Tra i protagonisti di questo nuovo modello c’è una figura interessante: il manager di rete.
È colui che tiene insieme i fili, coordina le aziende, ne armonizza le strategie e trasforma le differenze in forza. In pratica, un “direttore d’orchestra” capace di dare ritmo e direzione a realtà diverse.
Un ruolo che diventerà sempre più cruciale, soprattutto per chi opera in settori tradizionali come artigianato, agroalimentare o manifattura, dove l’unione può fare davvero la differenza.
Il digitale come ponte, non come barriera
Non poteva mancare il tema della digitalizzazione.
Le reti di impresa, se ben strutturate, possono sfruttare la tecnologia per condividere dati, ottimizzare processi, comunicare meglio e raggiungere nuovi mercati.
L’intelligenza artificiale, di cui parla Stefano Epifani, non è vista come una minaccia, ma come un alleato per valorizzare competenze e storie, amplificando la forza del Made in Italy nel mondo.
27 Ottobre 2025
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