Tra Narciso e Orfeo, tra il riflesso di sé e il desiderio di oltrepassare lo specchio, la 18ª Quadriennale d’arte di Roma si presenta come un viaggio dentro la contemporaneità. Al Palazzo delle Esposizioni, dal 11 ottobre al 18 gennaio, oltre cinquanta artisti nati tra gli anni Sessanta e Novanta – molti dei quali under 35 – raccontano l’identità dell’arte italiana nel XXI secolo.
Fantastica, il potere dell’immaginazione
Fantastica è il titolo di questa edizione, un’esposizione corale che raccoglie quasi duecento opere, molte delle quali site-specific. A guidare il progetto, anche se in assenza fisica, è l’eredità di Luca Beatrice, presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma, scomparso a gennaio, che ha concepito la mostra come un ritorno alla forza del simbolico e alla potenza dell’immaginazione.
Il sé e lo specchio, da Narciso a Orfeo
Il primo percorso, “La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto”, curato da Luca Massimo Barbero, invita a riflettere sulla rappresentazione del sé. L’attenzione non è più su Narciso, ma su Orfeo, reinterpretato da Jean Cocteau: lo specchio non come superficie riflettente, ma come soglia tra mondi che comunicano. L’autoritratto diventa così una forma di passaggio, un ponte tra ciò che si è e ciò che si immagina di essere.
Virginia Woolf e l’autonomia dell’artista
“Memoria piena. Una stanza solo per sé”, la sezione curata da Francesco Bonami, prende ispirazione da Virginia Woolf e dal suo celebre saggio. Qui, l’identità artistica si afferma attraverso l’indipendenza, ma senza isolamento: ogni artista dialoga con gli altri in un intreccio di autonomie, dove la libertà creativa è al tempo stesso individuale e condivisa.
La fotografia come rivelazione
Nel percorso “Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?”, curato da Emanuela Mazzonis, la fotografia si emancipa dal ruolo di rappresentazione per farsi strumento di rivelazione. Non più specchio del reale, ma linguaggio autonomo capace di svelare dimensioni nascoste, oltre la semplice visione.
Autarchia e creazione collettiva
Francesco Stocchi, con la sua sezione volutamente senza titolo, propone una riflessione sull’autarchia dell’atto creativo. Qui l’artista riconquista la centralità del proprio gesto, partecipando alla progettazione dello spazio espositivo come parte integrante dell’opera. È un atto di libertà collettiva, dove l’esposizione si trasforma in narrazione partecipata tra artista e pubblico.
Il corpo, tra mito e scienza
Con “Il corpo incompiuto”, Alessandra Troncone apre il dialogo tra il corpo umano e non umano, tra mito, scienza e trasformazione. Le opere selezionate raccontano un corpo che muta, che si espande in nuove forme, metafora di una società in continuo cambiamento. A completare il percorso, un calendario di performance mette in relazione corpo, spazio e opera, trasformando la visione in esperienza viva.
Un omaggio alla storia, la Quadriennale del 1935
Al primo piano del Palazzo delle Esposizioni trova spazio un progetto storico curato da Walter Guadagnini: “I giovani e i maestri: la Quadriennale del 1935”, realizzato con l’Archivio Biblioteca della Quadriennale. Un omaggio all’edizione che, novant’anni fa, segnò la nascita della Quadriennale come istituzione permanente, celebrando la forza innovativa degli artisti di allora.
Un’eredità di visioni
Durante la presentazione, Michele Coppola, responsabile Cultura di Intesa Sanpaolo, ha ricordato con commozione “la delicata tristezza di questa giornata speciale, segnata dall’assenza di Luca Beatrice, al quale va il merito di aver coinvolto alcuni tra i migliori curatori e studiosi del nostro Paese”.
Questa 18ª Quadriennale non è soltanto un’esposizione: è un racconto corale, un viaggio tra memoria e futuro, dove l’immaginazione torna a essere la chiave dell’arte italiana.
11 Ottobre 2025
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