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Cinquant’anni di parità, la riforma del diritto di famiglia del 1975

Dal 1942 al 1975, dalla patria potestà alla comunione dei beni, come la legge 151 ha reso l’Italia più giusta.

Cinquant’anni di parità, la riforma del diritto di famiglia del 1975

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Una riforma storica ha dato dignità a ogni figlio e parità a ogni coniuge, segnando la svolta nella storia familiare italiana

Il 19 maggio 1975 non fu una semplice data parlamentare, ma un punto di svolta per milioni di cittadini italiani. Quel giorno, con l’approvazione della legge 151, il Parlamento mise fine a un modello familiare patriarcale, introducendo per la prima volta una vera uguaglianza tra i coniugi e riconoscendo pieni diritti ai figli nati fuori dal matrimonio. A cinquant’anni di distanza, quella riforma rappresenta ancora oggi una delle pietre miliari nella storia civile del nostro Paese.

L’addio alla patria potestà e al pater familias

Fino al 1975, la struttura della famiglia italiana era saldamente ancorata a una visione gerarchica, ereditata dal Codice civile del 1942 e ispirata a una concezione autoritaria. Al vertice vi era il marito, titolare della cosiddetta patria potestà, che esercitava il controllo legale su moglie e figli. La moglie era considerata soggetto subordinato, priva di autonomia giuridica effettiva. La legge 151 ribaltò questo paradigma, stabilendo che con il matrimonio "i coniugi acquistano gli stessi diritti e i medesimi doveri". Una formula apparentemente semplice, ma dal peso storico enorme.

Parità tra i coniugi e dignità per ogni figlio

Uno degli effetti più rivoluzionari della riforma fu l’abolizione della distinzione tra figli legittimi e illegittimi. Fino ad allora, chi nasceva fuori dal matrimonio veniva marchiato da uno stigma giuridico e sociale. La nuova normativa cancellò questa discriminazione, affermando il diritto di ogni figlio a essere riconosciuto e tutelato allo stesso modo. Sul fronte della coppia, la parità tra marito e moglie divenne il principio guida non solo nei rapporti personali, ma anche nella gestione della famiglia, nella cura dei figli e nella titolarità della potestà parentale.

Riconoscimento al lavoro domestico e comunione dei beni

La riforma del 1975 introdusse altri due elementi fondamentali: il riconoscimento giuridico del lavoro domestico e l’adozione della comunione dei beni come regime patrimoniale predefinito per le coppie sposate. Per la prima volta il lavoro svolto in casa, tradizionalmente appannaggio femminile e da sempre invisibile, venne riconosciuto come attività avente valore e peso all’interno della famiglia. Allo stesso tempo, si stabilì che i beni acquistati durante il matrimonio fossero di entrambi i coniugi, superando l’idea di una gestione economica unilaterale da parte del marito.

Il lungo cammino dall’articolo 29 della Costituzione alla legge 151

La Costituzione repubblicana del 1948 aveva già sancito, con gli articoli 29, 30 e 31, la parità tra i coniugi e il riconoscimento della funzione sociale della famiglia. Tuttavia, questi principi rimasero per decenni lettera morta, perché mancava una legge che li traducesse in norme operative. Solo nel clima di fermento civile e culturale degli anni ’70 si creò il consenso necessario per modificare il Codice civile, con il contributo decisivo dei movimenti femministi e di alcune forze politiche progressiste.

Una stagione di grandi conquiste per i diritti civili

La riforma del diritto di famiglia fu parte di una stagione straordinaria per i diritti civili in Italia. Nel 1970 era arrivata la legge sul divorzio, nel 1975 i consultori familiari, nel 1978 la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza e la nascita del Servizio Sanitario nazionale. Lo stesso anno vide anche la promulgazione della Legge Basaglia, che smantellò il sistema dei manicomi. E solo nel 1981 sarebbe stato finalmente abrogato il delitto d’onore, un residuo medievale che giustificava l’omicidio del coniuge infedele. Queste conquiste, in pochi anni, rivoluzionarono il panorama sociale italiano.

Oggi, uno sguardo al passato per costruire il futuro

Ricordare la legge 151 del 1975 significa riconoscere il coraggio di chi ha saputo sfidare un sistema ingiusto, dando voce ai diritti di milioni di donne, bambini e famiglie. È un’occasione per riflettere su quanto sia stato fatto e su quanto resti ancora da fare, perché la parità, pur essendo sancita dalla legge, necessita ogni giorno di essere difesa e attuata nella realtà quotidiana.


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19 Maggio 2025
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