L’attentato avvenuto il 22 aprile nel sito turistico di Pahalgam, in pieno territorio del Kashmir controllato dall’India, ha segnato una nuova drammatica svolta nelle già fragili relazioni tra India e Pakistan. Ventisei vittime civili, il bilancio più tragico da oltre due decenni nella regione, hanno acceso una miccia pericolosa. In risposta, l’India ha colpito obiettivi definiti “terroristici” in territorio pakistano, riportando alla memoria decenni di instabilità e conflitti armati tra due potenze nucleari che, fin dalla spartizione del 1947, convivono in una condizione di rivalità cronica.
Una nascita dolorosa e una spartizione sanguinosa
Nel 1947, la fine della dominazione britannica diede origine a due nuove entità statali: l’India, a maggioranza induista, e il Pakistan, a prevalenza musulmana. Una separazione che coinvolse circa 15 milioni di persone costrette a migrare, innescando una delle più sanguinose crisi umanitarie del XX secolo. La violenza di quegli anni ha inciso profondamente nelle memorie collettive dei due Paesi, gettando le basi per una lunga serie di ostilità, la prima delle quali scoppiò proprio per il controllo del Kashmir.
La linea di controllo, una frattura permanente
Il primo conflitto indo-pakistano del 1947-48 si concluse con un cessate il fuoco e l’istituzione di una Linea di Controllo (LoC) che ancora oggi divide il territorio conteso. L’India mantiene circa il 63% della regione, mentre il Pakistan controlla il restante 37%. Tuttavia, la questione del Kashmir è rimasta irrisolta, con entrambe le nazioni che ne rivendicano l’integrità territoriale. La mancata attuazione del referendum proposto dall’ONU ha trasformato la LoC in un confine armato, teatro ricorrente di scontri e provocazioni.
I conflitti del passato, dalla guerra fredda al Bangladesh
Dal 1965 al 1971, nuove guerre hanno segnato la storia dei due Paesi. La seconda guerra del Kashmir nel 1965 vide ancora una volta il coinvolgimento diretto delle forze armate, mentre nel 1971 l’India intervenne in sostegno del Bangladesh, allora parte orientale del Pakistan, ottenendo la nascita del nuovo Stato dopo un sanguinoso conflitto. Ogni scontro ha aggiunto strati di sfiducia reciproca, cementando un antagonismo che ha travalicato i meri confini geografici.
Il ghiacciaio Siachen e l’insurrezione islamista
Nel 1984 l’India avviò l’occupazione strategica del ghiacciaio Siachen, uno dei punti più alti e inospitali della Terra, riaccendendo lo scontro con il Pakistan anche negli anni successivi. Alla fine del decennio, un’insurrezione islamista esplose nel Kashmir indiano, trasformando la rivolta da movimento nazionalista a lotta armata alimentata da combattenti jihadisti, spesso accusati dall’India di ricevere supporto da Islamabad. Da quel momento, la guerriglia divenne una costante e dolorosa realtà.
Dal Kargil al rischio nucleare, una pace sempre fragile
Nel 1999, i combattimenti a Kargil portarono le due potenze sull’orlo di una nuova guerra. Pochi anni dopo, nel 2002, i movimenti di truppe e missili lungo il confine fecero temere un’escalation nucleare. Solo la pressione internazionale, in particolare degli Stati Uniti impegnati in Afghanistan, evitò il peggio. Un cessate il fuoco venne firmato nel 2003, ma non pose fine alla spirale di violenza, con nuovi attacchi, accuse e rappresaglie che si susseguono fino ai giorni nostri.
Una ferita sempre aperta, tra diplomazia e nazionalismi
Nel 2019, l’India ha revocato lo status speciale del Kashmir, alimentando ulteriormente le tensioni con il Pakistan. L’arresto di migliaia di oppositori e l’isolamento della regione hanno riacceso lo scontro politico e ideologico. La visita del premier Narendra Modi in Pakistan nel 2015, che sembrava un segnale distensivo, è ormai lontana nel tempo. Ogni spiraglio di pace viene soffocato da episodi di violenza, attentati e una diplomazia spesso incapace di trovare vie d’uscita.
Una regione ostaggio del passato e dell’orgoglio nazionale
Kashmir continua a rappresentare il cuore infuocato della rivalità indo-pakistana. Mentre il mondo teme il potenziale distruttivo di due potenze nucleari, milioni di civili restano intrappolati in una terra dove il presente è segnato dall’insicurezza e il futuro dall’incertezza. La memoria delle tragedie passate non è bastata a costruire ponti. La storia sembra ripetersi in un ciclo inarrestabile, alimentato da nazionalismi, rivendicazioni irrisolte e ferite mai rimarginate.
07 Maggio 2025
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