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L’economia europea tra stagnazione e rilancio, il caso Germania

Dazi, energia e bassa produttività frenano l’Europa, ma nuove riforme e investimenti potrebbero rilanciare la crescita tedesca

L’economia europea tra stagnazione e rilancio, il caso Germania

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L’Eurozona si confronta con crisi strutturali e scelte di politica fiscale, la Germania avvia un piano da 850 miliardi di euro

L’Eurozona si trova a un bivio, schiacciata tra shock esterni e difficoltà interne. La Germania, locomotiva storica del continente, affronta il terzo anno consecutivo di stagnazione, segno evidente della fragilità del modello di crescita basato sulle esportazioni. Ma dalle difficoltà emergono anche nuovi tentativi di rilancio, con scelte politiche e fiscali che potrebbero cambiare il volto dell’economia europea.

Una Germania sotto pressione

La crisi tedesca non nasce dal nulla. I dazi imposti dall’amministrazione Trump hanno colpito duramente il settore automobilistico e manifatturiero, tradizionali pilastri dell’economia del Paese. A questo si è aggiunto il caro energia, con la riduzione delle forniture di gas russo dopo la guerra in Ucraina. Il risultato è stato un tasso di crescita quasi nullo, a fronte di una ripresa molto più robusta negli Stati Uniti. Oggi, però, Berlino ha scelto la strada della spesa pubblica: infrastrutture, difesa e ricerca saranno sostenute da un massiccio piano di investimenti pari a oltre 850 miliardi di euro nei prossimi cinque anni.

Il nodo della produttività

Negli ultimi vent’anni l’Eurozona ha mostrato un problema cronico: la produttività del lavoro cresce troppo lentamente. Secondo i dati, dal 2019 a oggi il PIL per ora lavorata è aumentato solo dello 0,2% all’anno, contro l’1,9% degli Stati Uniti. In un continente che invecchia e che vedrà ridursi la forza lavoro, questo rallentamento è motivo di grande preoccupazione. Senza un cambio di passo sull’innovazione e sugli investimenti, il rischio è un progressivo declino della competitività.

Fattori congiunturali e limiti strutturali

Rispetto a Washington, i governi europei sono stati più prudenti nel sostenere le economie durante e dopo la pandemia. Mentre gli USA hanno attivato pacchetti fiscali pari al 25% del PIL, Germania, Francia e Italia si sono fermate a livelli molto inferiori. A pesare ulteriormente è stata la crisi energetica, che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie e costretto la BCE ad aumentare i tassi di interesse. Tuttavia, non si tratta solo di congiuntura: i problemi di fondo dell’Europa restano irrisolti, come dimostra il recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività.

Innovazione, l’Europa rimane indietro

L’Europa produce scienza e ricerca, ma fatica a trasformarla in impresa. Nonostante un buon numero di pubblicazioni scientifiche e brevetti, il continente non riesce a generare start-up di scala globale. Il capitale di rischio è scarso e gli imprenditori cercano finanziamenti negli Stati Uniti. Le famiglie europee risparmiano più di quelle americane, ma investono in modo conservativo, con gran parte della ricchezza immobilizzata nei conti bancari anziché in azioni o fondi di investimento.

Verso un’Unione del risparmio e degli investimenti

Dal rapporto Draghi è emersa un’iniziativa chiave: l’Unione del risparmio e degli investimenti, volta a facilitare l’accesso al capitale per le imprese. L’obiettivo è creare prodotti di investimento paneuropei, ridurre gli ostacoli fiscali e normativi, stimolare il mercato delle pensioni private e attrarre più fondi istituzionali verso l’economia reale. Un percorso non semplice, ma che potrebbe rappresentare un punto di svolta.

Germania e il cambio di modello

Per anni Berlino ha basato la propria forza sull’export e sul surplus commerciale. Ora il nuovo piano di spesa mira a riequilibrare l’economia, rafforzando domanda interna e investimenti. Se le risorse pubbliche saranno accompagnate da un rilancio del settore privato, la Germania potrebbe tornare a crescere oltre l’1% annuo già dal 2026, riducendo la sua vulnerabilità agli shock esterni. L’aumento degli investimenti dovrebbe inoltre favorire la produttività, rilanciando la capacità competitiva del Paese.

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FAQ sull’economia europea e la Germania

Quali sono le principali cause della stagnazione economica in Germania?
La stagnazione tedesca deriva da una combinazione di fattori: dazi sulle esportazioni, aumento dei costi energetici, calo della domanda estera e limiti strutturali legati alla produttività.

Come l’Eurozona può aumentare la produttività del lavoro?
L’unica strada sostenibile è investire in innovazione tecnologica, ricerca e capitale umano. Senza nuove imprese e digitalizzazione avanzata, l’Europa rischia di rimanere indietro rispetto a Stati Uniti e Cina.

Quali effetti avrà il piano di investimenti della Germania?
Il piano da 850 miliardi di euro mira a rafforzare domanda interna e infrastrutture. Se sostenuto dal settore privato, potrà stimolare la crescita del PIL e aumentare la resilienza agli shock esterni.


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26 Settembre 2025
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