L’educazione sessuale nelle scuole italiane torna al centro del dibattito. L’emendamento proposto dalla Lega, che vieta di affrontare il tema nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, ha riacceso una discussione che coinvolge politica, famiglie, insegnanti e studenti. Ma mentre l’Italia continua a oscillare tra divieti e sperimentazioni, gran parte dell’Europa considera la formazione all’affettività e alla sessualità una materia imprescindibile per la crescita dei giovani.
Un emendamento che divide politica e società
Il recente emendamento firmato dalla deputata Giorgia Latini e approvato in commissione Cultura introduce il divieto di “attività didattiche e progettuali aventi ad oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità” per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.
Un divieto che, di fatto, esclude ogni forma di educazione sessuale precoce, anche laddove si tratti di semplici percorsi di educazione al rispetto, alla crescita e alle differenze.
Alle scuole superiori, invece, il tema potrà essere affrontato solo con il consenso preventivo dei genitori, che dovranno conoscere in anticipo argomenti e materiali didattici. Una misura che molti considerano un passo indietro rispetto a quanto raccomandato dalle organizzazioni internazionali e dai principali organismi europei.
La posizione dei ministri e il nodo educativo
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha dichiarato che “l’educazione sessuale è compito delle famiglie”, mentre il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha specificato che l’insegnamento biologico della sessualità è già previsto nei programmi scolastici. Tuttavia, l’approccio puramente biologico non affronta la dimensione emotiva e relazionale, oggi considerata fondamentale per prevenire comportamenti violenti, stereotipi di genere e disinformazione.
L’Europa e la lunga tradizione dell’educazione sessuale
In Europa, la situazione è radicalmente diversa. La Svezia è stata pioniera introducendo l’educazione sessuale come materia obbligatoria nel 1955, seguita da Germania nel 1968, Danimarca, Finlandia e Austria nel 1970, fino ad arrivare alla Francia nel 1998 e all’Irlanda nel 2003.
Oggi, solo sette Paesi europei – Bulgaria, Cipro, Italia, Lituania, Polonia, Romania e Ungheria – non prevedono un’educazione sessuale obbligatoria a scuola.
Molti di questi Paesi sono stati più volte richiamati dall’Organizzazione mondiale della Sanità e dall’UNESCO per la mancanza di un piano strutturato e continuativo in materia.
Le raccomandazioni dell’Unesco e dell’Onu
Secondo l’UNESCO, solo 10 dei 25 Paesi europei esaminati adottano un modello di Comprehensive Sexuality Education (CSE), ovvero un approccio globale che non si limita all’aspetto biologico, ma include educazione emotiva, relazionale e sociale.
Questo tipo di insegnamento mira a formare cittadini consapevoli, capaci di riconoscere i propri diritti, di rispettare gli altri e di comprendere la complessità delle relazioni umane.
Le linee guida delle Nazioni Unite raccomandano che i programmi di educazione sessuale siano scientificamente accurati, comprensivi e adattati all’età. L’obiettivo è fornire ai bambini e agli adolescenti strumenti per comprendere i cambiamenti del proprio corpo e della propria emotività, prevenendo paure, pregiudizi e rischi di abuso.
Nei Paesi Bassi, ad esempio, l’educazione all’affettività inizia già a quattro anni con programmi calibrati sulle diverse fasce di età. I risultati? Meno gravidanze indesiderate, maggiore consapevolezza del consenso e relazioni più equilibrate tra i giovani.
Italia, un quadro ancora frammentato
In Italia manca un piano nazionale per l’educazione sessuale. Secondo l’ultimo report UNESCO, solo il 20% dei Paesi analizzati ha una legge specifica sull’educazione sessuale, e l’Italia non rientra tra questi.
Il 38,8% dei giovani italiani tra gli 11 e i 24 anni non ha mai affrontato a scuola argomenti legati alla sessualità, e tra chi lo ha fatto, molti riferiscono lezioni ripetitive e poco aggiornate.
L’UNESCO ricorda che l’educazione affettiva e sessuale è parte integrante dei diritti umani e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’uguaglianza di genere e la salute per tutti.
Il programma Valditara, educare alle relazioni
Nel 2024 il Ministero dell’Istruzione ha introdotto il progetto “Educare alle relazioni”, nato dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, per promuovere il rispetto reciproco e la prevenzione della violenza di genere.
Secondo i dati diffusi dal ministro Valditara, l’87% delle scuole coinvolte ha aderito al programma e, nel 70% dei casi, ha rilevato un miglioramento dei comportamenti degli studenti.
Tuttavia, il progetto rimane facoltativo e affidato alla sensibilità dei singoli istituti e docenti, senza una cornice legislativa che ne garantisca continuità e uniformità.
Un investimento culturale per il futuro
L’educazione sessuale non è solo una questione di biologia o morale, ma un investimento culturale per una società più matura e consapevole. Dove mancano informazioni, nascono paure, stereotipi e violenze.
Fornire ai giovani strumenti per comprendere se stessi e gli altri è il primo passo per costruire una cultura del rispetto e della libertà.
19 Ottobre 2025
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