Il tema del fine vita continua a dividere la comunità medica italiana, ma i dati più recenti mostrano una crescente apertura all’eutanasia e un forte bisogno di una normativa nazionale chiara. Un sondaggio condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) insieme a Fondazione Aiom, presentato alle “Giornate dell’Etica” di Lecce, fotografa un mondo clinico in bilico tra dubbi etici, carenze di formazione e la necessità di integrare cure palliative precoci.
Un quadro in evoluzione
Secondo i dati, il 63% dei medici oncologi si dichiara favorevole all’eutanasia nei pazienti oncologici: il 50% la accetterebbe in determinate circostanze, mentre il 13% sempre. Parallelamente, il 60% dei clinici continua a proporre trattamenti anticancro anche nell’ultimo mese di vita, segnale di un approccio che fatica a separarsi dalla logica terapeutica aggressiva.
Il bisogno di una legge chiara
Il tema resta spinoso: il 90% degli specialisti intervistati considera indispensabile una legge nazionale sul fine vita. Nonostante la sensibilità crescente, il 32% ammette di non sentirsi adeguatamente preparato a gestire l’ultima fase di cura, momento che richiede equilibrio tra competenza clinica e capacità relazionale.
Un’indagine condivisa tra società scientifiche
Lo studio non ha coinvolto solo Aiom, ma anche altre società scientifiche come Airo (radioterapia e oncologia clinica), Siaarti (anestesia e terapia intensiva), Sico (chirurgia oncologica), Sicp (cure palliative) e Sipo (psico-oncologia). Un lavoro corale che evidenzia quanto la questione tocchi diversi ambiti della medicina.
Le cure palliative come risorsa precoce
“Le cure palliative non vanno intese come un intervento da attivare soltanto negli ultimi giorni di vita, ma come un supporto prezioso sin dalla diagnosi di cancro avanzato”, ha spiegato Massimo Di Maio, presidente eletto di Aiom. Esse non solo riducono il dolore e migliorano la qualità della vita, ma possono persino prolungarla.
Lo studio che ha cambiato la prospettiva
Nel 2010 un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine ha segnato una svolta: in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, l’integrazione precoce delle cure palliative ha mostrato un aumento della sopravvivenza oltre al miglioramento della qualità di vita. Da allora, società come Asco ed Esmo hanno incluso questa evidenza nelle loro linee guida, ma la traduzione nella pratica quotidiana resta complessa.
Il nodo delle risorse e delle competenze
La carenza di palliativisti in Italia rappresenta un ostacolo concreto. “Siamo consapevoli – ha aggiunto Di Maio – che questa mancanza difficilmente potrà essere colmata nel breve periodo, visto il fabbisogno crescente e la scarsità di specialisti”. Da qui l’urgenza, sottolineata da Aiom, di potenziare le competenze degli oncologi stessi, per garantire a tutti i pazienti accesso a cure palliative integrate ed efficaci.
19 Settembre 2025
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