Nel 1982 la copertina del settimanale americano Time consacrò Giorgio Armani come lo stilista più innovativo del momento. Con il titolo “Giorgio’s gorgeous style”, il magazine identificò i codici estetici di un creativo italiano che stava rivoluzionando il concetto di eleganza. Due anni prima, con il film American Gigolò, l’immaginario collettivo aveva già iniziato a conoscere il suo stile: Richard Gere indossava i completi maschili destrutturati che avrebbero reso celebre Armani nel mondo.
La rivoluzione della giacca
La vera svolta arrivò con la giacca destrutturata. Armani ne fece un manifesto stilistico, ridisegnando il guardaroba maschile e femminile. Tessuti morbidi, tagli impeccabili e l’uso di materiali come lana, seta shantung e velluto segnarono un nuovo corso. Non più armature rigide, come quelle imposte dalla tradizione di Savile Row, ma abiti capaci di esprimere sensualità e naturalezza. La donna che lavorava, negli anni Ottanta e Novanta, trovava in questi completi una divisa elegante e funzionale per affermarsi nei luoghi del potere.
Il potere dell’abito femminile
Secondo Maria Luisa Frisa, teorica e curatrice di moda, Armani fu tra i primi a dare forma a un abito che non mortificava il corpo femminile, ma ne esaltava la presenza. Giacche con spalle imbottite, pantaloni ampi e camicette di seta divennero simboli di autorevolezza e libertà. Figure come Marisa Bellisario, pioniera dell’informatica italiana, adottarono questo stile come dichiarazione di potere, contribuendo a diffondere l’idea di una moda al servizio della società in evoluzione.
L’eleganza maschile reinventata
Non solo donne: Armani ridisegnò anche l’abito maschile. Ammorbidì le linee, eliminò imbottiture e rigidità, introducendo una nuova idea di sensualità maschile. Il suo lavoro sul taglio del collo della giacca e sui drappeggi trasformò capi tradizionali in elementi iconici. L’abito diventava così un segno di identità personale, non più un guscio imposto dalle regole sartoriali.
Il colore Armani
Uno dei tratti più riconoscibili del suo stile fu il cosiddetto “greige”, una fusione raffinata di grigio e beige. Questa tonalità, calda e sobria, divenne subito sinonimo di eleganza senza tempo. Non un semplice colore, ma un codice estetico che identificava chi lo indossava come parte di un universo distinto, fatto di misura e ricercatezza.
Un lusso sobrio e senza eccessi
Per Vanessa Gavioli, curatrice del Museo della moda e del costume di Palazzo Pitti, Armani seppe ridefinire l’idea di lusso: linee pulite, colori neutri, tessuti pregiati e lavorazioni preziose come ricami di paillettes e perline. Mentre molti ricorrevano a materiali sintetici, lui sceglieva la qualità e l’artigianalità, trasformando l’abito in un’opera d’arte decorativa.
04 Settembre 2025
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