Nel 2024 oltre 5,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta, una condizione che colpisce sempre più famiglie numerose e minori.
Un Paese bloccato nella povertà
Nel 2024, secondo i dati Istat, oltre 2,2 milioni di famiglie italiane si trovano in condizione di povertà assoluta. In termini percentuali, significa che l’8,4% delle famiglie residenti — circa 5,7 milioni di persone — non riesce a sostenere le spese minime necessarie per vivere dignitosamente. Un numero impressionante che, sebbene stabile rispetto al 2023, racconta un’Italia immobile, incapace di invertire la rotta.
La povertà, misurata non solo dal reddito ma anche dalla spesa effettiva, rivela un dato ancora più drammatico: l’intensità della povertà – cioè quanto la spesa delle famiglie povere sia inferiore alla soglia minima – resta al 18,4% a livello nazionale, ma cresce nel Mezzogiorno, dove passa dal 17,8% al 18,5%.
Nord, Centro e Sud, tre Italie diverse
L’analisi territoriale conferma un’Italia spaccata. Al Nord e al Centro la situazione appare più stabile, ma nel Sud la povertà è più diffusa e più profonda. Nei comuni piccoli non periferici (fino a 50mila abitanti) l’incidenza raggiunge l’8,9%, mentre nei comuni metropolitani del Mezzogiorno tocca punte del 12,5%.
Le grandi città del Nord, pur più ricche, non sono immuni: anche qui le aree centrali metropolitane registrano un’incidenza dell’8,2%. Al Centro, invece, i valori più alti si riscontrano nei comuni di medie dimensioni, dove la crisi economica e abitativa ha inciso maggiormente sul potere d’acquisto delle famiglie.
Le famiglie numerose pagano il prezzo più alto
La povertà cresce con il numero dei componenti familiari. Le famiglie con cinque o più persone registrano un’incidenza del 21,2%, quasi tripla rispetto a quella media. Anche le coppie con tre o più figli vivono spesso in condizioni di povertà assoluta: quasi una su cinque (19,4%) non riesce a sostenere le spese fondamentali.
Situazione difficile anche per le famiglie monogenitore, che nel 2024 raggiungono un’incidenza dell’11,8%. L’aumento dei costi per abitazione, alimentazione e servizi essenziali continua a gravare sulle famiglie più fragili, che spesso devono scegliere tra pagare le bollette o riempire il frigorifero.
Povertà e generazioni, il divario dell’età
Tra le famiglie con una persona di riferimento (p.r.) di età superiore ai 65 anni, la povertà è più contenuta (6,7%). Al contrario, tra i nuclei più giovani la situazione peggiora: oltre il 10% di chi ha meno di 55 anni vive in povertà assoluta.
Il dato più basso, 4,4%, riguarda le coppie anziane senza figli, che beneficiano spesso di un’abitazione di proprietà e di una maggiore stabilità economica. Ma tra le coppie più giovani, anche con lavoro stabile, la capacità di risparmio è diminuita drasticamente, segno di una società dove il costo della vita cresce più rapidamente dei redditi.
Minori e povertà, un allarme che non si spegne
L’aspetto più preoccupante riguarda i minori: nel 2024, oltre 1,28 milioni di bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta. Significa che uno su sette non ha accesso a condizioni di vita adeguate, istruzione di qualità o opportunità di crescita.
Le famiglie con figli piccoli sono le più esposte: 7,3% con un figlio, 10,6% con due, 20,7% con tre o più minori. L’intensità della povertà per queste famiglie raggiunge il 21%, più alta della media nazionale. Un dato che riflette un disagio sociale diffuso e strutturale, dove la nascita di un figlio rischia di trasformarsi da gioia in peso economico.
Una povertà stabile è una povertà che si radica
La stabilità dei dati non è una buona notizia: significa che il problema non migliora, ma si consolida. La povertà in Italia non è un fenomeno passeggero, ma una condizione permanente per milioni di persone. Servono politiche strutturali per ridurre il divario tra Nord e Sud, tra giovani e anziani, tra famiglie e single.
In un Paese che invecchia e dove il lavoro precario cresce, la vera emergenza è sociale: ridare dignità e opportunità a chi, oggi, sopravvive più che vivere.
14 Ottobre 2025
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