La scuola italiana è di nuovo al centro del dibattito. Dopo le recenti misure su condotta, telefonini e sicurezza del personale, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che cambia in profondità l’esame finale delle scuole superiori. Non più “esami di Stato”, ma di nuovo “esame di Maturità”, un ritorno al passato che apre però nuove discussioni sul futuro.
Un esame che cambia volto
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha spiegato che l’obiettivo della riforma è rendere la prova orale più attenta all’autonomia e alla capacità critica degli studenti. Non più solo domande disciplinari, ma un colloquio multidisciplinare, che intreccia competenze diverse acquisite durante gli anni. Nel nuovo impianto trovano spazio anche l’alternanza scuola-lavoro (oggi Pcto) e l’educazione civica, considerate tasselli fondamentali per formare cittadini consapevoli.
Stop alla promozione senza colloquio
Uno dei punti più discussi riguarda chi decide di non presentarsi all’orale. Finora era possibile ottenere comunque la promozione grazie ai crediti accumulati e agli scritti. Con la riforma, invece, chi non affronta il colloquio dovrà ripetere l’anno scolastico, anche se i risultati delle prove scritte sono positivi. Una scelta pensata per restituire centralità al momento orale, ma che rischia di diventare terreno di conflitto.
Prove scritte, tra conferme e possibili modifiche
La prima prova, quella di italiano, resta invariata, mentre la seconda — specifica per ogni indirizzo — potrebbe subire cambiamenti. La volontà del ministero è rendere la valutazione più aderente al percorso formativo, rafforzando la coerenza con le competenze richieste a livello di studi superiori o di mercato del lavoro. Le novità entreranno in vigore dal 2026, offrendo un anno di tempo alle scuole per prepararsi.
Studenti sul piede di guerra
Le nuove regole, però, non convincono i diretti interessati. Diverse associazioni studentesche denunciano l’assenza di dialogo. Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti, ha ricordato che il Forum delle Associazioni non viene convocato da oltre un anno. A suo giudizio, obbligare al colloquio pena la bocciatura rappresenta un atto repressivo, che limita la libertà di espressione degli studenti.
Educazione civica o obbedienza?
Critiche arrivano anche da Federica Corcione, dell’esecutivo nazionale della stessa organizzazione. Secondo lei, il richiamo all’educazione civica è contraddittorio: si parla di partecipazione, ma nella pratica gli spazi di confronto sono ridotti al minimo. La maturità rischia così di trasformarsi, nelle parole degli studenti, in “un interrogatorio più che in un’occasione di espressione personale”.
Il futuro della scuola al bivio
La riforma si inserisce in un pacchetto più ampio che tocca condotta, uso dei cellulari, sicurezza del personale e continuità didattica. Resta però il nodo del rapporto tra istituzioni e studenti: senza un reale confronto, il rischio è che la maturità diventi il simbolo di un modello scolastico più attento al controllo che al dialogo.
03 Settembre 2025
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