L’attentato contro il giornalista di Report è un segnale d’allarme per la libertà di informazione in Italia, che nel 2025 appare sempre più fragile.
Un grave segnale d’allarme per la libertà di informazione
Anche se normalmente non ci occupiamo di cronaca, quello che è accaduto ieri non può passare sotto silenzio. L’esplosione di un ordigno vicino all’auto del giornalista Sigfrido Ranucci è un fatto che va oltre la cronaca nera: è un attacco diretto alla libertà di stampa e a chi ha il coraggio di indagare, raccontare e portare alla luce verità scomode.
L’ordigno, circa un chilo di esplosivo piazzato tra la vettura e un cancello davanti alla sua abitazione di Pomezia, ha distrutto l’auto del giornalista e danneggiato quella della figlia. La potenza della deflagrazione, come riferisce la trasmissione Report, “avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”.
Il coraggio di chi non si piega
“Mi sento tranquillo, lo Stato e le istituzioni mi sono sempre state vicine”, ha dichiarato Ranucci dopo aver sporto denuncia. Parole che colpiscono per la loro calma, quasi disarmante, di fronte a un gesto che avrebbe potuto avere esiti tragici.
Non è la prima minaccia che subisce: già nel passato aveva trovato proiettili davanti casa e segnalato pedinamenti. Eppure continua a fare il suo mestiere, con quella determinazione che è l’essenza stessa del giornalismo d’inchiesta. Perché chi cerca la verità non può arrendersi alla paura.
L’attacco a un giornalista è un attacco a tutti
Colpire un giornalista significa colpire il diritto dei cittadini a essere informati. Significa tentare di spegnere una voce che, da anni, racconta ciò che spesso molti preferirebbero nascondere. Non è solo un ordigno contro una persona, ma un atto intimidatorio contro l’informazione libera.
Nel 2025, in un Paese democratico, è inaccettabile che chi esercita il proprio dovere civico venga minacciato o costretto a vivere sotto scorta. La libertà di stampa non è un privilegio, è un diritto collettivo che appartiene a tutti.
La solidarietà delle istituzioni e del Paese
Da Giorgia Meloni a Guido Crosetto, da Matteo Salvini a Antonio Tajani, fino a Elly Schlein e all’amministratore delegato della Rai Giampaolo Rossi, le reazioni istituzionali sono state unanimi: condanna ferma e solidarietà piena.
Il messaggio è chiaro: non si può e non si deve mai cedere di fronte alla violenza. Il giornalismo, soprattutto quello d’inchiesta, è una delle colonne portanti della democrazia.
Un clima sempre più ostile verso chi racconta
L’attacco a Ranucci si inserisce in un clima di crescente ostilità nei confronti del giornalismo investigativo. Oggi, le minacce non arrivano solo con le bombe o i proiettili, ma anche attraverso campagne d’odio online, querele temerarie e delegittimazione pubblica.
È un segnale pericoloso: se chi racconta viene messo a tacere, la verità rischia di scomparire. Difendere la libertà di stampa non è un gesto di solidarietà formale, ma un dovere civico verso la nostra stessa democrazia.
La nostra solidarietà a Sigfrido Ranucci
Da parte nostra, vogliamo esprimere stima, vicinanza e solidarietà a Sigfrido Ranucci e alla redazione di Report. Perché il giornalismo, quello vero, è fatto di persone che non arretrano davanti alla paura, ma la trasformano in impegno civile.
Quello che è accaduto a Pomezia è un monito per tutti noi: la libertà di informare non può essere minata dal terrore. E se oggi un ordigno ha provato a spegnerla, domani dovrà trovarci ancora più uniti nel difenderla.
17 Ottobre 2025
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