Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha assistito all’ennesimo stallo su una questione umanitaria urgente. La proposta di una risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente nella Striscia di Gaza è stata bocciata a causa del veto posto dagli Stati Uniti, nonostante il sostegno favorevole di altri quattordici membri. Nessuna astensione, ma il potere di veto statunitense ha ancora una volta mostrato i limiti dell’organo esecutivo dell’Onu.
testoWashington dice no, la sicurezza di Israele prima di tutto
L’ambasciatrice americana Dorothy Shea ha spiegato in aula i motivi dietro il veto. Secondo gli Stati Uniti, accogliere la risoluzione così com’era formulata avrebbe rischiato di legittimare Hamas e di permettere all’organizzazione di riorganizzarsi in vista di nuovi attacchi. Citando esplicitamente il 7 ottobre come il giorno del massacro più grave di ebrei dalla fine dell’Olocausto, Shea ha accusato il testo della risoluzione di non chiamare Hamas con il proprio nome: un’organizzazione terroristica.
Critiche all’Onu, parole dure contro Hamas e chi non lo condanna
Nel suo intervento, l’ambasciatrice ha puntato il dito anche contro le Nazioni Unite stesse, accusandole di non aver assunto una posizione chiara e ferma nel condannare Hamas. "Non possiamo sostenere misure che non chiedano a Hamas di deporre le armi", ha detto. Per gli Stati Uniti, non c’è possibilità di mediazione con chi continua a rifiutare ogni proposta per il cessate il fuoco, compresa quella più recente, rifiutata da Hamas durante il fine settimana precedente al voto.
La questione degli ostaggi e il rischio di legittimare l’intransigenza
Uno dei punti sottolineati con forza da Shea riguarda la questione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Secondo la rappresentante Usa, il gruppo armato palestinese ha respinto anche una proposta recente che avrebbe potuto portare alla liberazione di 58 persone ancora detenute. Per Washington, adottare una risoluzione in questo momento avrebbe significato premiare l’intransigenza di Hamas e minare la possibilità di un negoziato fondato su condizioni più solide e reciprocamente vincolanti.
Il diritto alla difesa di Israele e le alleanze geopolitiche
Dietro il veto americano si cela anche un principio che per Washington rimane imprescindibile: il diritto alla difesa di Israele. Per gli Stati Uniti, un cessate il fuoco che non preveda la sconfitta militare e politica di Hamas metterebbe in pericolo la sicurezza di un alleato storico. "Ogni risoluzione che comprometta la sicurezza di Israele non può essere un punto di partenza", ha affermato l’ambasciatrice, tracciando così una linea netta che lascia poco spazio a compromessi.
Una risoluzione affondata, ma il conflitto continua
Nonostante il sostegno della maggioranza dei membri del Consiglio di sicurezza, la risoluzione non è passata. Il veto americano ha impedito un segnale di unità da parte della comunità internazionale in un momento di profonda crisi. Gaza continua a essere teatro di scontri, sofferenze e instabilità, mentre le grandi potenze restano divise tra diritto alla difesa, legittimità dei soggetti in campo e visioni opposte su come porre fine a un conflitto che continua a mietere vittime.
05 Giugno 2025
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