Edith Bruck, scrittrice e testimone diretta degli orrori dell’Olocausto, racconta ancora una volta la sua storia, questa volta ospite di Bruno Vespa su Rai 1. Deportata ad Auschwitz a soli 13 anni insieme alla sua famiglia nel 1944, è una delle poche sopravvissute. Solo lei e sua sorella riuscirono a scampare alla morte nel lager, un destino che invece colpì sua madre, suo padre e suo fratello.
La sua storia è un intreccio di sofferenza e resilienza, di orrori vissuti e della forza di chi, nonostante tutto, ha deciso di non dimenticare e di condividere la propria esperienza per tenere viva la memoria.
Il racconto del campo e l’incontro con i kapò
Durante l’intervista, Bruck ha rievocato un episodio particolarmente drammatico, avvenuto durante la selezione al campo di concentramento: “Mi hanno buttato con mia madre a sinistra, che voleva dire camera a gas. A destra, invece, c’erano i lavori forzati. Avevo 13 anni, e il programma era che non dovevo sopravvivere. Ma un tedesco si chinò su di me e mi sussurrò: ‘Vai a destra, vai a destra, vai a destra’.”
Un gesto di umanità inaspettata che le salvò la vita, ma che non bastò a placare il dolore per la perdita della madre. “Piangevo continuamente per lei – racconta – finché un kapò del blocco, esasperato, mi disse: ‘Vieni, ti faccio vedere dov’è tua madre’. Mi portò fuori e indicò il fumo che usciva dai camini, dicendo: ‘Era un po’ grassa? Allora hanno fatto il sapone. Creperete tutti voi.’”
L’incontro con la kapò di Auschwitz
Un altro episodio emblematico della sua vita riguarda l’incontro, anni dopo la liberazione, con una kapò del campo. La donna, di nome Lola, la riconobbe per strada a Roma e si avvicinò dicendo: “Ma tu sei Edith di Auschwitz”. Un incontro sconvolgente, che fece riaffiorare i ricordi del lager.
Nonostante il dolore e la possibilità di denunciarla, Edith scelse di non farlo: “Denunciarla era quasi impossibile. E poi non ero convinta, perché non potevo sapere cosa aveva vissuto lei, che era stata deportata due anni prima di noi. Non mi piace denunciare, non ho mai denunciato nessuna kapò, ne ho incontrata anche un’altra in Israele.”
Il peso della testimonianza
Edith Bruck porta avanti la sua missione di testimonianza, consapevole dell’importanza di raccontare ciò che ha vissuto per mantenere vivo il ricordo dell’Olocausto. La sua storia è un monito contro l’indifferenza e l’oblio, un appello a riconoscere l’umanità anche nei momenti più bui e a combattere ogni forma di odio e discriminazione.
La giornata della memoria come occasione di riflessione
La Giornata della Memoria, che si celebra il 27 gennaio di ogni anno, non è solo un momento per commemorare le vittime dell’Olocausto, ma anche un’occasione per riflettere su quanto la memoria sia un atto di responsabilità collettiva. Le testimonianze di sopravvissuti come Edith Bruck ci ricordano che il passato non deve mai essere dimenticato, affinché tragedie simili non si ripetano mai più.
23 Gennaio 2025
© team icoe, editoriale blozine
blozine editoriale no-profit della
Centro studi su innovazione, comunicazione ed etica.
Copywriters
Francesca S., Matteo R., Laura A., Antonella B., Giorgio F., Anna C., Miriam M., Stefano G., Adele P. e Francesca N.
scopri cosa possiamo fare per la tua azienda o il tuo ente culturale
© blozine, l'editoriale dalla B alla Z della icoe, centro studi no-profit, divisione grippi&associati Comunicazione e Media. Tutti i diritti sono riservati.