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Un ministero del cinema, l’idea di Pupi Avati per rilanciare il settore

Il cinema italiano è in crisi, pupi avati propone un ministero tecnico o un’agenzia per tutelare la produzione nazionale.

Un ministero del cinema, l’idea di Pupi Avati per rilanciare il settore

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Il settore cinematografico italiano è fermo, pupi avati suggerisce un piano di rilancio ispirato al modello francese.

Pupi Avati lancia un’idea che, secondo lui, non dovrebbe scandalizzare nessuno: un ministero dedicato esclusivamente al Cinema e all’Audiovisivo. Un’idea che trova sponda anche nel ministro Gennaro Sangiuliano, con cui il regista ha discusso della crisi che il settore sta attraversando. "È una persona illuminata - spiega Avati - ha capito subito che bisogna agire per uscire da questa situazione di stallo". La proposta, rilanciata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani attraverso il suo profilo social, riporta l’attenzione su un tema che negli ultimi anni è stato spesso trascurato: il futuro dell’industria cinematografica italiana.

Una crisi che parte da lontano

Non è la prima volta che si parla di un’istituzione specifica per il cinema. Già negli anni Novanta, quando il settore era in forte espansione, l’idea era stata avanzata da Alberto Ronchey, all’epoca ministro dei Beni Culturali. "Oggi, però, la situazione è completamente diversa - sottolinea Avati - il cinema è fermo, non si lavora più". Il regista racconta di un cambiamento radicale: se un tempo era difficile trovare un macchinista disponibile, oggi ce ne sono centinaia senza occupazione. Una realtà che riflette il declino di un intero comparto, dalle produzioni alle sale cinematografiche, fino ai lavoratori tecnici.

Il problema delle sale chiuse e della filiera bloccata

A Roma, così come in altre città italiane, molte sale cinematografiche hanno chiuso e il loro destino è incerto: c’è chi ipotizza la riconversione in centri commerciali, chi in spazi multifunzionali. Ma per Avati il problema è molto più ampio e riguarda l’intera industria del cinema, paralizzata da anni di inattività e scelte politiche non adeguate. "Non è solo una questione di sale cinematografiche - precisa il regista - ma di un sistema che non produce più come prima". In questo contesto, la sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha dichiarato che la creazione di un ministero del Cinema non è una priorità, perché rischierebbe di rallentare ulteriormente il settore. "Ma è già tutto fermo - ribatte Avati - si rimanda la soluzione per non perdere posizioni di rendita".

Un ministero bipartisan per cambiare le regole

L’idea del regista bolognese è chiara: creare un ministero tecnico, guidato da esperti e non da politici, per riformare il settore. "Sarebbe l’anno zero, il ’New Deal’ del cinema italiano", afferma Avati, indicando alcune priorità: una revisione delle norme sul tax credit, che oggi tende solo ad aumentare i costi di produzione, e un ripensamento delle finestre di distribuzione tra sala e piattaforme streaming. In particolare, il regista guarda con interesse al modello francese, dove esiste il Centro Nazionale di Cinematografia, un organismo che tutela e sostiene l’industria cinematografica.

Una soluzione alternativa: un’agenzia per il cinema

Se la proposta di un ministero viene ritenuta troppo ambiziosa, Avati suggerisce un’alternativa: la creazione di un’agenzia nazionale per il cinema, con professionisti del settore capaci di dialogare con il governo e con le realtà produttive. "Non possiamo lasciare tutto agli americani - avverte - serve una struttura solida, con regole chiare e risorse adeguate per riportare il nostro cinema a competere a livello internazionale". Per il regista, senza un intervento immediato, il rischio è che l’Italia perda definitivamente la sua identità cinematografica e culturale.

Il cinema italiano ha ancora un futuro?

La proposta di Avati riaccende il dibattito su un settore che ha fatto la storia del nostro Paese, ma che oggi appare in difficoltà. Il cinema italiano ha ancora un futuro? La risposta dipenderà dalla volontà di rinnovamento e dalle scelte politiche che verranno fatte nei prossimi anni. Quello che è certo è che il tempo stringe: senza una strategia chiara, il declino potrebbe diventare irreversibile.


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20 Febbraio 2025
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