Un tempo, avere una buona istruzione e una laurea specialistica era sinonimo di ingresso quasi garantito nel mondo del lavoro. Bastava completare il percorso accademico con risultati discreti per ottenere una posizione stabile e ben retribuita. Oggi, questa realtà sembra appartenere a un’altra epoca.
L’illusione del titolo di studio
Nel panorama attuale, una laurea triennale o magistrale non rappresenta più un lasciapassare verso un impiego sicuro. Il numero di laureati è cresciuto esponenzialmente, ma le aziende hanno smesso di considerare la formazione universitaria come un valore aggiunto sufficiente. La richiesta di specializzazioni sempre più mirate e la mancanza di disponibilità delle imprese a investire nella crescita dei dipendenti hanno reso il titolo accademico solo un punto di partenza, e non più una garanzia.
L’ostacolo dello stage e dei contratti precari
Per entrare realmente nel mercato del lavoro, i giovani devono attraversare un lungo periodo di apprendistato mascherato da stage, spesso non retribuito o con compensi irrisori. Questa fase non è un’opzione, ma una necessità, poiché senza esperienza pratica nessuna azienda è disposta a offrire un contratto stabile. Anche dopo aver superato la trafila degli stage, il primo contratto è quasi sempre a tempo determinato, con stipendi minimi che difficilmente permettono una vera indipendenza economica.
Quando si inizia a parlare di stipendio decente
Dopo almeno un paio d’anni di lavoro a tempo indeterminato e un’esperienza consolidata, si può iniziare a discutere di un salario più dignitoso. Naturalmente, questo vale solo per chi ha investito in una specializzazione richiesta dal mercato. Senza una competenza distintiva e aggiornata, il rischio di restare in una condizione di precarietà economica è elevato. Il mercato non premia solo il titolo di studio, ma il valore aggiunto che un candidato può portare.
Il problema delle aziende e della formazione
Le aziende italiane, al contrario di quanto avviene in altri paesi, tendono a non voler investire nella formazione dei propri dipendenti. Preferiscono assumere personale già pronto e qualificato, scaricando il costo della formazione sui singoli lavoratori. Questo meccanismo ha creato una sorta di selezione naturale dove solo chi ha già esperienza, o ha investito personalmente in corsi e certificazioni, riesce a trovare una posizione remunerativa.
Un futuro incerto per i giovani
Alla luce di questo scenario, il futuro dei giovani laureati in Italia rimane incerto. Chi non ha la possibilità di autofinanziarsi stage, master o periodi di formazione aggiuntiva, rischia di rimanere fuori dal mercato o di accettare lavori sottopagati. La mancanza di un sistema che supporti l’ingresso nel mondo del lavoro rischia di far perdere talenti e competenze, con la conseguenza di alimentare la fuga verso l’estero di giovani altamente qualificati.
10 Marzo 2025
© team icoe, editoriale blozine
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