A distanza di decenni dai primi allarmi ambientali, l’Italia continua a rimanere indietro nella bonifica dei suoi territori più inquinati. Secondo un report congiunto promosso da Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica, Legambiente e Libera, la situazione è ben lontana da una vera inversione di rotta. Solo il 6% dei 148.598 ettari di aree a terra contaminati nei 41 Siti di Interesse Nazionale (SIN) è stato bonificato, mentre meno del 5% ha un progetto approvato. Numeri che parlano da soli e che raccontano una realtà stagnante, in cui la tutela ambientale sembra più un’utopia che una priorità.
La situazione delle acque sotterranee è ancora più drammatica
Se la lentezza degli interventi a terra è allarmante, il quadro relativo alle falde acquifere è ancora più sconfortante. Solo il 23% delle acque sotterranee ha avuto un piano di caratterizzazione, e appena il 7% presenta un progetto di bonifica approvato. La percentuale di bonifiche concluse scende addirittura al 2%, a dimostrazione di quanto poco si stia facendo per proteggere una delle risorse più preziose e vulnerabili. Anche i reati ambientali legati all’omessa bonifica fanno riflettere: tra il 2015 e il 2023, su 241 controlli, sono stati accertati 35 reati, con 50 denunce e 7 arresti.
La Sicilia maglia nera, segue il Lazio e la Lombardia
La classifica regionale conferma un preoccupante primato per la Sicilia, dove sono stati registrati 17 reati ambientali legati all’omessa bonifica. Seguono, con un notevole distacco, Lazio e Lombardia, ciascuna con 5 casi. Al terzo posto figura la Calabria con 3 reati, e al quarto la Campania con 2. Un dato che non solo evidenzia gravi mancanze nella gestione e nel controllo del territorio, ma che sottolinea anche una sperequazione geografica nell’attenzione ai temi ambientali.
Tempi da era geologica per le bonifiche nazionali
Il report “Le bonifiche in stallo”, presentato nell’ambito della campagna “Ecogiustizia subito, in nome del popolo inquinato”, stima che ai ritmi attuali serviranno almeno 60 anni per completare i procedimenti nelle aree più fortunate. Per le altre, meno virtuose o meno attenzionate, i tempi si allungano a centinaia di anni, un orizzonte temporale paragonabile allo smaltimento delle scorie nucleari. Un’assurdità che conferma quanto l’Italia fatichi a trasformare i piani in azioni concrete.
Una speranza nei siti di interesse regionale
Un barlume di positività arriva dai Siti di Interesse Regionale (SIR), dove nel 2023 sono stati registrati 38.556 procedimenti di bonifica, dei quali il 58% risulta concluso. Sebbene la dimensione di questi interventi sia inferiore rispetto a quella dei SIN, si tratta comunque di un segnale incoraggiante, che suggerisce come, con volontà politica e strumenti adeguati, risultati concreti siano possibili anche in Italia.
Un’opportunità economica persa per il Paese
Le associazioni promotrici dello studio sottolineano che investire nel risanamento ambientale non è solo un dovere morale ed ecologico, ma anche un’occasione economica: si parla di un potenziale giro d’affari di circa 30 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati. Risorse che potrebbero creare occupazione, rilanciare interi territori e rafforzare la competitività industriale in chiave sostenibile. Ma senza un cambio di passo, il rischio è che anche questa opportunità venga lasciata marcire nel sottosuolo.
07 Maggio 2025
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