L’Europa prova a bilanciare l’offensiva commerciale americana guidata da Donald Trump con un’azione altrettanto determinata ma strategica. I dazi imposti da Washington su acciaio, alluminio e auto hanno generato un evidente squilibrio negli scambi transatlantici, costringendo Bruxelles a correre ai ripari. La Commissione europea ha messo sul tavolo una nuova lista di controdazi dall’impatto economico stimato attorno ai 100 miliardi di euro, pronta a entrare in vigore solo se i negoziati in corso non porteranno a un’intesa concreta.
Una risposta proporzionata, non una vendetta
L’Unione europea insiste nel sottolineare il carattere misurato della propria strategia. Non si tratta di una ritorsione “dollaro per dollaro” né di un’escalation incontrollata, ma di un riequilibrio necessario dopo le mosse unilaterali statunitensi. Il nuovo elenco, più che triplicato rispetto al primo, sarà sottoposto fino al 10 giugno a una consultazione pubblica che coinvolgerà governi, aziende e stakeholder, con l’obiettivo di condividere la responsabilità politica della scelta. Una mossa che rafforza la legittimità dell’iniziativa e consente di preparare il terreno per un’eventuale approvazione unanime da parte dei Ventisette.
Nel mirino simboli e industrie chiave degli Usa
Non si colpiscono solo i numeri, ma anche l’immaginario americano. Tra i prodotti destinati a essere tassati in caso di fallimento del dialogo spiccano simboli dell’export statunitense come il bourbon del Kentucky, le bistecche del Nebraska, le aragoste del Maine e gli agrumi della Florida. Ma l’Europa affonda il colpo anche sul fronte industriale, mirando a settori ad alto valore come i microchip texani, le tecnologie della Silicon Valley, i suv, i pick-up e gli aerei legati alla produzione Boeing. Il messaggio è chiaro: se non ci sarà cooperazione, i costi per gli Stati Uniti saranno elevati.
L’export europeo e i timori dei Paesi più esposti
Anche l’Unione europea, tuttavia, rischia di pagare un prezzo se il confronto dovesse trasformarsi in una spirale di ritorsioni. In discussione vi è una possibile restrizione su esportazioni per circa 4,4 miliardi di euro, con particolare attenzione a rottami metallici e composti chimici. Alcuni settori strategici, come farmaci, semiconduttori e materie prime critiche, restano per il momento fuori dal conflitto doganale. Ma Paesi come Italia e Francia, che esportano eccellenze alimentari e vinicole, guardano con preoccupazione alla piega che potrebbero prendere gli eventi.
Dialogo aperto, ma con i piedi per terra
La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, continua a spingere per una soluzione negoziata. Il dialogo tecnico con Washington non si è mai interrotto, anche se manca ancora un vero confronto diretto con Donald Trump. Un timido segnale di apertura è arrivato proprio dal tycoon, che ha definito “fantastica” la leader europea, promettendo un incontro futuro, seppur senza dettagli concreti. Un cauto ottimismo si fa strada, alimentato anche dalla firma di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito, che potrebbe fungere da precedente positivo.
Tutte le opzioni restano sul tavolo
La prossima occasione per un confronto reale sarà il vertice del G7 a Calgary, previsto a metà giugno. Fino ad allora, l’Europa si muoverà su un doppio binario: mantenere il dialogo vivo, ma prepararsi a tutte le eventualità. Nella lista degli strumenti possibili figurano anche sanzioni nei confronti delle Big Tech americane, a dimostrazione di quanto ampio sia il margine d’azione lasciato aperto da Bruxelles. Nel frattempo, si lavora dietro le quinte a un’intesa che possa evitare l’ennesimo scontro commerciale in un mondo già segnato da tensioni geopolitiche e crisi economiche.
09 Maggio 2025
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