C’è un aspetto della vita lavorativa che spesso passa inosservato, ma che incide in modo profondo sul benessere di chi lavora: la violenza di genere digitale. È fatta di commenti, immagini, messaggi e atti che si muovono nello spazio virtuale ma lasciano ferite reali. Il nuovo capitolo della policy Dal silenzio all’azione, elaborato da Valore D e PermessoNegato con il contributo della Fondazione Una Nessuna Centomila, nasce proprio per portare questo tema al centro delle aziende italiane, trasformando la consapevolezza in un impegno concreto.
Un fenomeno che colpisce le persone e le imprese
Nel mondo del lavoro, la violenza digitale può diventare un ostacolo invisibile alla crescita professionale femminile. Molte donne scelgono l’autocensura, riducono la loro presenza online o rinunciano del tutto a partecipare a spazi digitali aziendali, temendo ritorsioni o giudizi. Ma quando una persona si chiude, a perdere non è solo lei: a soffrirne è la produttività, l’innovazione e la coesione dei team. Un ambiente di lavoro non protetto, infatti, erode lentamente la fiducia collettiva e la reputazione aziendale.
Un piano strategico e non solo dichiarazioni
Dal silenzio all’azione non si limita a enunciare principi: chiede alle imprese di costruire una strategia strutturata e permanente. Tra le misure proposte figurano la mappatura dei rischi, l’adozione di codici etici e di condotta digitale, e protocolli di gestione delle crisi reputazionali. Centrale anche la formazione continua per tutto il personale e l’attivazione di canali di segnalazione anonimi, capaci di offrire ascolto e supporto psicologico e legale a chi subisce abusi.
Un impegno condiviso per cambiare la cultura
“Il nostro obiettivo è creare ambienti digitali sicuri, contrastare ogni forma di discriminazione e sostenere le vittime” – ha dichiarato Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D – “Solo unendo le forze, dalle istituzioni alle aziende, possiamo passare dalla consapevolezza all’azione concreta.”
Un concetto ripreso da Nicole Monte, vicepresidente di PermessoNegato: “Il consenso digitale è il grande assente della cultura online. I nostri dati, le nostre immagini e la nostra identità appartengono solo a noi. Rispettarli significa riconoscere la libertà e la dignità di ciascuno.”
Dati che fanno riflettere
Secondo l’OsservatorioD di Valore D, realizzato da Swg, solo 4 italiani su 10 sanno cosa siano la sextortion (estorsione tramite immagini intime) o il doxing (diffusione di dati privati). Eppure il 64% degli intervistati riconosce che queste forme di violenza possono manifestarsi anche nei contesti professionali. Il 75% conosce fenomeni come cyberbullismo e revenge porn, ma la conoscenza cala drasticamente quando le violenze si fanno più sottili, più difficili da individuare e denunciare.
Le nuove generazioni chiedono protezione e consapevolezza
Il problema è particolarmente sentito tra i giovani adulti: il 15% dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni dichiara di aver subito personalmente episodi di violenza online, mentre il 23% conosce qualcuno che ne è stato vittima. L’80% degli italiani considera la violenza di genere un problema grave, con impatti diretti sulla salute mentale. Per il 78%, la radice del problema è la mancanza di educazione digitale ed emotiva, mentre il 63% individua una matrice patriarcale che ancora condiziona la società.
Un nuovo modello culturale e professionale
Le aziende hanno oggi l’occasione di diventare protagoniste del cambiamento: non solo introducendo regole, ma trasformando la propria cultura interna. Creare spazi digitali sicuri significa proteggere le persone, valorizzare le differenze e costruire fiducia. La sfida è chiara: passare dalle buone intenzioni a un’azione concreta e collettiva che coinvolga scuole, media, istituzioni e mondo del lavoro. Perché la sicurezza digitale, prima ancora che un diritto, è un segno di civiltà.
11 Novembre 2025
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