Le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela tornano a crescere, mentre il presidente Donald Trump lascia intendere che i giorni di Nicolás Maduro possano essere contati. L’America rafforza la propria presenza militare nei Caraibi, e le esercitazioni dei Marines a Porto Rico sembrano più di un semplice addestramento.
Esercitazioni nei Caraibi, il segnale di Washington
Unità del Corpo dei Marines statunitense hanno recentemente condotto imponenti manovre anfibie nelle acque di Porto Rico, mostrando mezzi corazzati, elicotteri d’attacco e veicoli tattici in uno scenario che ricorda più una preparazione bellica che un’esercitazione di routine.
Il Comando Sud degli Stati Uniti ha diffuso le immagini su X, accompagnate da una musica drammatica: hovercraft carichi di truppe, elicotteri UH-1Y in atterraggio e Apache in copertura. Una messinscena curata nei dettagli che lascia intendere un chiaro messaggio politico e militare.
Le motivazioni ufficiali, tra lotta al narcotraffico e sicurezza nazionale
Secondo la nota del Comando Sud, la presenza americana nei Caraibi sarebbe parte di una più ampia strategia per contrastare il traffico illecito di droga e tutelare gli interessi nazionali degli Stati Uniti. Tuttavia, le tempistiche e l’intensità di queste operazioni alimentano i sospetti di un possibile intervento mirato contro il Venezuela.
Le manovre giungono infatti dopo indiscrezioni su un piano della Casa Bianca per colpire infrastrutture militari venezuelane, in particolare porti e aeroporti che, secondo Washington, sarebbero utilizzati per attività di narcotraffico legate al regime di Maduro.
Le accuse a Maduro e la risposta di Caracas
Per l’amministrazione Trump, la catena logistica del narcotraffico nell’area caraibica avrebbe radici profonde nelle strutture di potere venezuelane, con il presidente Maduro stesso accusato di essere al centro del sistema. Accuse che Caracas respinge con forza, denunciando una “guerra di propaganda” e un tentativo di destabilizzazione orchestrato da Washington.
Fonti internazionali rivelano che il governo venezuelano avrebbe già avviato contatti con Russia e Iran per ottenere supporto diplomatico e, se necessario, militare.
Il raid nei Caraibi e la strategia del Pentagono
Nel frattempo, un’operazione aerea condotta dal Dipartimento della Guerra statunitense ha colpito una nave sospettata di trasportare stupefacenti nei Caraibi. L’attacco, confermato dal capo del Pentagono Pete Hegseth, ha provocato la morte di tre presunti narco–terroristi.
“Tratteremo questi criminali esattamente come Al-Qaeda”, ha dichiarato Hegseth, promettendo che gli Stati Uniti continueranno a “cacciarli e distruggerli”. Un messaggio chiaro non solo ai cartelli della droga, ma anche ai governi che, secondo Washington, ne favorirebbero le attività.
Mosca risponde, “siamo in contatto con i nostri amici”
Il Cremlino non ha tardato a reagire. Il portavoce Dmitri Peskov ha confermato i contatti costanti con Caracas, sottolineando i legami “strategici e contrattuali” tra Russia e Venezuela.
Secondo il Washington Post, Maduro avrebbe chiesto aiuto anche a Cina e Iran per rafforzare le difese del Paese di fronte alle pressioni americane. Mosca, dal canto suo, ha ribadito il proprio sostegno a Caracas contro le minacce “esistenti e potenziali” provenienti dagli Stati Uniti.
Un equilibrio fragile e il rischio di un nuovo fronte
Mentre gli Stati Uniti intensificano le manovre militari e il Venezuela cerca sostegno da potenze rivali, la regione caraibica rischia di trasformarsi in un nuovo terreno di scontro geopolitico.
Le accuse di narcotraffico, le esercitazioni militari e le alleanze incrociate ricordano la tensione dei tempi della Guerra Fredda. Il futuro di Maduro resta incerto, ma una cosa è chiara: ogni mossa di Washington e Mosca in questa scacchiera avrà ripercussioni ben oltre i confini del Venezuela.
03 Novembre 2025
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