L’Autunno porta con sé non solo foglie e primi freddi, ma anche un pacchetto di stime economiche che fanno discutere. La nuova valutazione della Commissione europea fotografa un’Italia in lieve recupero, ma ancora costretta a muoversi con prudenza tra deficit pubblico, regole europee e un ritmo di crescita che rimane moderato. Proviamo a capire, con parole semplici, cosa significano questi numeri.
Il deficit italiano e l’obiettivo del 3%
Secondo Bruxelles, il nostro Paese dovrebbe chiudere il 2025 con un rapporto deficit/Pil pari al 3%, per poi scendere al 2,8% nel 2026 e al 2,6% nel 2027. Si tratta di valori sostanzialmente in linea con le stime contenute dal governo nel Documento programmatico di bilancio, segno che tra Roma e Bruxelles non ci sono scostamenti significativi sullo scenario di base.
Questa soglia del 3% non è casuale: nella governance economica europea, rappresenta la condizione necessaria per uscire dalla procedura di deficit eccessivo. In altre parole, l’Italia deve mantenersi sotto quel limite per dimostrare la sostenibilità delle sue finanze pubbliche.
Il debito pubblico resta ingombrante
Accanto al deficit, la Commissione analizza il peso del debito pubblico nel rapporto con il Pil. Le proiezioni indicano un 136,4% per il 2025, destinato a salire leggermente al 137,9% nel 2026 e a rientrare al 137,2% nel 2027. Nonostante oscillazioni minime, si capisce che il debito italiano rimane uno dei più alti dell’Unione.
In un contesto di tassi più alti e di nuove regole fiscali europee, questa percentuale continua a rappresentare una sfida, se non altro per l’impatto sugli interessi da pagare e sul margine di manovra per eventuali investimenti pubblici.
La crescita economica rallenta
Sul fronte della crescita, le previsioni di Bruxelles diventano più caute. Per il 2025 il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,4%, contro lo 0,7% previsto nelle stime di primavera. Il rallentamento riflette un contesto globale ancora incerto e una domanda interna che fatica a ripartire.
Il governo, nel suo Dpb, aveva stimato per lo stesso anno una crescita leggermente più alta, allo 0,5%. Differenze minime, certo, ma sufficienti a far capire che le variabili internazionali pesano più del previsto.
2026, tra prudenza e piccoli segnali positivi
Per il 2026, la Commissione ipotizza un incremento del Pil dello 0,8%, leggermente al ribasso rispetto allo 0,9% previsto a primavera. Anche il governo, però, mantiene un approccio prudente e indica una stima dello 0,7%. In ogni caso, parliamo di una crescita moderata, che non cambia radicalmente il quadro economico ma invita a mantenere stabilità e continuità nelle politiche economiche.
Uno sguardo al 2027 e oltre
Il percorso di crescita si stabilizza nel 2027, anno in cui Bruxelles prevede un aumento del Pil sempre intorno allo 0,8%. Numeri piccoli, ma coerenti con il trend europeo che, in questa fase, mostra un’espansione contenuta in molti Paesi.
Queste previsioni non vogliono essere una sentenza, ma piuttosto una bussola: aiutano a capire il contesto nel quale si muoveranno le decisioni politiche dei prossimi anni, soprattutto in materia di investimenti, politiche sociali e riforme strutturali.
Cosa significano questi dati per il Paese
Al di là delle percentuali, la lettura complessiva suggerisce un’Italia che sta cercando un equilibrio tra le regole europee e il bisogno di sostenere crescita e occupazione. Il rispetto del limite del 3% sul deficit e la gestione del debito saranno due degli snodi principali.
La sfida è sempre la stessa: garantire stabilità fiscale senza frenare l’economia reale. E, come spesso accade, le scelte del governo dovranno tenere insieme obblighi europei, necessità di bilancio e aspettative dei cittadini.
17 Novembre 2025
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