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Il Consiglio di Sicurezza verso un voto decisivo sulla pace a Gaza

Sostegni, veti e piani contrastanti accompagnano il delicato voto ONU sul futuro della Striscia di Gaza

Il Consiglio di Sicurezza verso un voto decisivo sulla pace a Gaza

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Il Consiglio di Sicurezza valuta il piano USA per Gaza tra forze internazionali, governance transitoria e tensioni geopolitiche

Lunedì potrebbe aprirsi una nuova fase nella lunga crisi di Gaza, con il Consiglio di Sicurezza dell’ONU chiamato a pronunciarsi su una risoluzione che punta a dare forma concreta al piano di stabilizzazione promosso dagli Stati Uniti sotto la guida di Donald Trump. Una proposta complessa, che intreccia diplomazia internazionale, pressioni regionali e visioni divergenti sul futuro della Striscia.

Il piano statunitense e il Board of Peace

La bozza statunitense immagina per Gaza un periodo di transizione affidato a un nuovo organismo, il Board of Peace, concepito come struttura di governo temporaneo fino al 2027 e in teoria presieduto dallo stesso Trump. Al suo fianco opererebbe una Forza Internazionale di Stabilizzazione (ISF), formata su base volontaria dagli Stati membri ONU, con il compito di collaborare con Israele ed Egitto, oltre che con unità palestinesi selezionate e formate di recente.

L’obiettivo dichiarato è contribuire alla smilitarizzazione della Striscia e alla protezione delle aree di confine, mantenendo un delicato equilibrio tra sicurezza e amministrazione civile. Rispetto alle versioni precedenti, questa bozza inserisce anche un riferimento – seppur indiretto – alla prospettiva di uno Stato palestinese, elemento che sta attirando molta attenzione diplomatica.

Il sostegno dei Paesi arabi e la chiamata all’azione

La proposta statunitense, nelle ultime ore, ha raccolto un sostegno significativo. Stati Uniti, Egitto, Arabia Saudita, Turchia, Qatar, Pakistan, Indonesia, Emirati Arabi Uniti e Giordania hanno chiesto «l’adozione rapida» della risoluzione, sottolineando la necessità di avviare al più presto la fase di stabilizzazione.

Questa ampia convergenza, rara per un contesto così delicato, mette in luce quanto i Paesi della regione percepiscano come urgente la definizione di un nuovo equilibrio dopo mesi di guerra e un cessate il fuoco che tutti considerano precario.

La contro-proposta russa e il nodo della governance

Accanto al documento americano, la Russia ha depositato una contro-proposta che si discosta in modo sostanziale dalla visione di Washington. Nel testo di Mosca non compare alcun riferimento al Board of Peace, né all’immediato invio di forze internazionali a Gaza. Si riconosce l’importanza del cessate il fuoco, ma senza citare Trump, e si chiede invece al segretario generale Antonio Guterres un rapporto preliminare sulla possibilità di dispiegare una missione internazionale.

Mosca insiste inoltre sulla centralità della soluzione a due Stati, richiamata come parametro essenziale per qualsiasi percorso di pace. Un richiamo che, secondo la delegazione russa, non avrebbe trovato adeguato spazio nella bozza americana.

Gli avvertimenti di Washington e i punti ancora irrisolti

La Casa Bianca ha definito «fragile» il cessate il fuoco attualmente in vigore, avvertendo che la mancata approvazione della bozza potrebbe riaccendere il conflitto. L’ambasciatore statunitense Mike Waltz ha dichiarato sul Washington Post che «ogni rifiuto equivale a favorire il ritorno della violenza o il mantenimento del controllo da parte di Hamas», aggiungendo che «deviare da questa strada avrà un costo umano reale».

Restano però aperti diversi interrogativi:
– chi monitorerà l’attuazione della risoluzione?
– quale ruolo avrà l’Autorità Nazionale Palestinese nella gestione civile di Gaza?
– quali compiti precisi saranno attribuiti alla futura forza internazionale?

Sono domande cruciali, perché proprio la mancanza di un quadro operativo dettagliato rischia di trasformarsi in un punto di frizione tra le diverse diplomazie.

Una decisione che peserà sul futuro della regione

Il voto del Consiglio di Sicurezza non rappresenta soltanto un passaggio formale, ma un test sulla capacità della comunità internazionale di trovare un compromesso credibile attorno a una crisi che continua a destabilizzare il Medio Oriente. Qualunque sarà l’esito del voto, il percorso verso una pace duratura appare ancora lungo, complesso e dipendente dalla volontà delle parti di mantenere aperto il canale del dialogo.


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16 Novembre 2025
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