L’Incontro fra un artista e un paese può sembrare un dettaglio nella grande storia dell’arte, eppure a volte basta un pomeriggio qualunque per trasformare un luogo e la memoria di chi lo abita. È ciò che accadde a Fiumefreddo Bruzio, un borgo affacciato sul mare calabrese, quando un pittore arrivato quasi per caso lasciò pennellate destinate a diventare racconto collettivo.
Un ricordo che illumina ancora
Molti abitanti conservano immagini nitide di quei giorni, come se il tempo non avesse fatto il suo lavoro. Marco Dalmazio Tarantino, che allora era un bambino, ricorda l’arrivo dell’artista come qualcosa di più emozionante di un’uscita al cinema. Quelle pennellate tracciate sui muri del castello e sulla Cappella di San Rocco non erano solo colore, erano un invito a guardare il proprio paese con occhi nuovi. C’era stupore, c’era curiosità, c’era la sensazione che l’arte potesse davvero cambiare l’umore di un luogo.
Il lungo viaggio di Salvatore Fiume
L’artista era Salvatore Fiume, nato in Sicilia e destinato a un percorso sorprendente. La sua storia attraversa epoche e linguaggi, intrecciando il Novecento con la grazia del Rinascimento. Lontano dalla sua isola, a Canzo in Lombardia, trasformò un’ex filanda nella sua personale bottega, dove sperimentò, studiò e creò senza sosta. Un viaggio di ricerca continua che lo portò fuori dai confini italiani e dentro una dimensione in cui tradizione e modernità dialogano con naturalezza.
Il racconto di una vita attraverso le immagini
Questa traiettoria artistica viene ripercorsa dal critico Roberto Litta nello speciale televisivo Salvatore Fiume. Il mestiere della pittura, con il contributo affettuoso dei figli, Luciano e Laura, e il supporto di diversi studiosi. Il documentario, diretto da Pasquale D’Aiello, restituisce passaggi cruciali della vita del pittore: l’amicizia con Dino Buzzati e Salvatore Quasimodo, l’arte come rifugio durante la guerra, l’intuizione che conquistò Alfred Barr del MoMA, fino alle scenografie realizzate per il Teatro alla Scala e al legame umano con Maria Callas.
Il dialogo tra metafisica e Rinascimento
Uno dei momenti più emblematici del suo lavoro nasce nel 1949 con la serie dedicata alla Città di statue, in cui la pittura metafisica si apre al Rinascimento in un gioco di richiami e armonie. Le successive Storie dell’Umbria, commissionate da Bruno Buitoni, amplificano questa fusione, ispirandosi a maestri come Paolo Uccello e Piero della Francesca. Come osserva la studiosa Cristina Galassi, Fiume riesce a muoversi tra modelli classici e sensibilità contemporanea, costruendo opere dalla monumentalità potente e allo stesso tempo delicata. Lo stesso respiro emerge nei grandi dipinti destinati ai transatlantici Giulio Cesare e Andrea Doria, richiesti dall’architetto Gio Ponti, per il quale il dialogo con il passato non è nostalgia ma una forma di ricchezza viva.
Viaggi, volti e la poesia dell’incontro
Accanto alla pittura, Fiume inseguì suggestioni lontane, affascinato dall’Africa e da un volto femminile che divenne icona della sua opera: la cosiddetta Gioconda africana. La modella era Zauditu Negash, che divenne poi sua compagna di vita. Ancora oggi conserva una sciarpa che lui le regalò più di mezzo secolo fa e lo ricorda con parole che sembrano uscire da un quadro: “Anche se non c’è, camminiamo ancora insieme, sempre”. È un frammento intimo che racconta meglio di qualsiasi analisi quanto l’arte di Fiume fosse intrecciata alla sua esperienza umana.
Un’eredità che continua a parlare
A distanza di decenni, le opere lasciate dall’artista nel borgo calabrese e nei molti luoghi attraversati durante la sua vita continuano a generare domande, emozioni, dialoghi. Il privilegio di Fiumefreddo Bruzio fu quello di assistere alla nascita di un frammento di questa storia, diventando in qualche modo parte dell’avventura creativa di un uomo che ha trasformato il suo mestiere in un ponte tra epoche e culture. È forse per questo che, per tanti, quei giorni rimangono indimenticabili.
07 Dicembre 2025
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