Con la Legge di Bilancio 2026 approvata da poco, arrivano nuove risorse per la sanità italiana. Il Fondo sanitario nazionale (Fsn) salirà progressivamente fino a raggiungere i 145 miliardi di euro nel 2028, rispetto ai 136,5 miliardi del 2025. Una crescita solo apparente, però, perché in rapporto al Pil la spesa sanitaria pubblica scenderà dal 6,3% al 5,6%.
Una crescita che non convince
Secondo la Fondazione Gimbe, la manovra economica non rappresenta affatto un rilancio del Servizio sanitario nazionale. L’aumento complessivo di 7,7 miliardi di euro — distribuito in tre anni — appare insufficiente a garantire la sostenibilità del sistema. “Non c’è alcun rilancio, ai professionisti vanno solo briciole”, denuncia l’ente.
Nel dettaglio, le risorse aggiuntive saranno pari a 2,4 miliardi nel 2026 e 2,65 miliardi nel 2027 e nel 2028. Ma la quota di Pil destinata alla sanità scenderà progressivamente, segno di una contrazione reale della spesa pubblica nel settore.
La coperta sempre più corta delle Regioni
La Fondazione sottolinea come il sistema regionale resti in forte difficoltà: il gap tra fabbisogno stimato e risorse disponibili raggiunge i 6,8 miliardi nel 2026. “La coperta delle Regioni è sempre più corta e dal governo arrivano solo misure frammentate”, osserva Gimbe.
Il presidente Nino Cartabellotta definisce la manovra una “illusione contabile”, basata su numeri che creano un effetto ottico positivo ma senza un reale rafforzamento strutturale. Le cifre, spiega, appaiono consistenti solo perché includono fondi già stanziati in precedenza.
Professionisti sanitari, tra briciole e fuga dal pubblico
Anche il capitolo sulle retribuzioni non convince. Gli aumenti previsti per medici e infermieri vengono giudicati da Gimbe “solo briciole”, insufficienti a fermare la fuga di professionisti verso il settore privato o verso l’estero.
Cartabellotta avverte: senza un piano concreto di valorizzazione del personale sanitario, sarà impossibile garantire i livelli essenziali di assistenza. Un segnale d’allarme che si aggiunge ai dati già preoccupanti: nel 2024 circa 5,8 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a cure sanitarie per motivi economici o per mancanza di disponibilità del servizio.
Le reazioni politiche
Dopo la pubblicazione del rapporto Gimbe, non si sono fatte attendere le reazioni. Marina Sereni del Partito Democratico ha parlato di “mancanza di una visione complessiva e di una programmazione chiara delle priorità”. Le Regioni, avverte, rischiano di trovarsi costrette a tagliare i servizi o aumentare le tasse ai cittadini.
Da parte di Italia Viva arriva l’accusa di un governo che “continua a indebolire la sanità pubblica”, mentre il Movimento 5 Stelle evidenzia un altro dato: nel triennio 2026-2028 mancherebbero 25,1 miliardi di euro per coprire il fabbisogno del SSN, mentre nello stesso periodo sono previsti quasi 23 miliardi di spesa aggiuntiva per le armi.
Tra numeri e realtà
Al di là delle cifre e delle dichiarazioni politiche, resta il problema strutturale: il finanziamento pubblico non cresce in linea con i bisogni reali della popolazione e con l’invecchiamento demografico. Una situazione che rischia di aggravare le disuguaglianze territoriali, lasciando sempre più cittadini senza accesso a cure tempestive e universali.
La sfida dei prossimi anni sarà capire se le risorse aggiuntive potranno essere orientate verso un vero rilancio del sistema pubblico o se, ancora una volta, serviranno solo a tamponare emergenze e a mantenere in vita un modello in affanno.
26 Ottobre 2025
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