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Welfare Italia 2025, il divario Nord-Sud si allarga e mette a rischio il capitale umano

Il Welfare Italia Index 2025 mostra un’Italia divisa tra Nord e Sud, con spesa elevata ma risultati deboli e fuga di giovani laureati

Welfare Italia 2025, il divario Nord-Sud si allarga e mette a rischio il capitale umano

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Sanità, istruzione e previdenza: cresce il divario tra Nord e Sud e il welfare italiano appare sempre meno sostenibile

Cresce la distanza tra Nord e Sud sul fronte del welfare, della sanità e delle opportunità sociali. Secondo il Welfare Italia Index 2025, elaborato dal Think Tank “Welfare, Italia” promosso da Unipol e Teha Group, il divario tra la regione più virtuosa e quella con le maggiori criticità raggiunge i 23,6 punti, in aumento del 9% rispetto al 2023. È un segnale preoccupante che conferma una tendenza ormai consolidata: l’Italia viaggia a due velocità, con il Nord che avanza e il Sud che arranca.

Trento in vetta, Calabria in coda

La mappa del welfare italiano fotografa una frattura geografica e sociale profonda. In testa si posiziona la Provincia autonoma di Trento con 83,8 punti, seguita da Bolzano (80,4) e Friuli-Venezia Giulia (78,3). In fondo alla classifica si collocano Campania (62 punti), Basilicata (60,7) e Calabria (60,2), che si conferma fanalino di coda per il secondo anno consecutivo.
L’indice prende in esame 22 indicatori legati a sanità, politiche sociali, previdenza e formazione, misurando non solo la spesa pubblica, ma anche i risultati effettivi in termini di benessere e coesione sociale.

Un welfare costoso ma squilibrato

Nel 2024 la spesa per il welfare ha raggiunto i 669,2 miliardi di euro, pari al 60% della spesa pubblica complessiva. Tuttavia, la distribuzione delle risorse rimane fortemente sbilanciata: la previdenza assorbe il 16% del Pil (contro una media Eurozona del 12,3%), mentre istruzione e politiche sociali restano sotto la media europea (3,9% e 4,9% del Pil, contro rispettivamente 4,6% e 7,3%).
In altre parole, l’Italia spende molto per mantenere il sistema, ma poco per costruire il futuro. Il welfare si rivolge soprattutto alla popolazione anziana, trascurando i giovani, la formazione e l’inclusione lavorativa: un modello che nel lungo periodo rischia di diventare insostenibile.

Disuguaglianze educative e fuga dei talenti

La situazione della formazione e dell’occupazione giovanile rimane critica. La dispersione scolastica colpisce ancora il 9,8% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni (oltre 400mila giovani), mentre la quota di laureati nella fascia 25-34 anni si ferma al 31,6%, contro il 44,1% della media europea.
L’Italia continua a perdere capitale umano qualificato: nel solo 2024 sono 49mila i laureati emigrati all’estero, un fenomeno che costa al Paese circa 6,9 miliardi di euro l’anno.
La difficoltà di attrarre studenti e lavoratori stranieri altamente qualificati (siamo quartultimi in Europa) e la scarsa presenza di percorsi di carriera competitivi contribuiscono ad alimentare un circolo vizioso di impoverimento intellettuale e produttivo.

Emergenza demografica e invecchiamento

L’Italia sta vivendo un rapido declino demografico. Dopo oltre un secolo di crescita, la popolazione diminuisce a un ritmo medio dello 0,4% l’anno. Nel 2024 le nascite sono scese a un nuovo minimo storico: 370mila, con un saldo naturale negativo di 281mila.
Le proiezioni dell’Istat indicano un Paese con 54,8 milioni di abitanti nel 2050 e appena 46 milioni nel 2080. Gli over 65 rappresenteranno il 34,9% della popolazione entro il 2050, con un inevitabile impatto sulla base contributiva e sulla domanda di servizi sociali e sanitari.
Gli esperti invitano a riequilibrare la spesa pubblica verso istruzione, politiche attive, salute e prevenzione, unici fattori capaci di sostenere la produttività e il benessere collettivo.

Povertà e salute, due fronti da presidiare

Oltre un quarto della popolazione italiana è oggi a rischio povertà o esclusione sociale (23,1%), con differenze regionali che restano drammatiche. Il welfare, per reggere, deve essere anche preventivo.
Solo il 5,6% della spesa sanitaria pubblica (7,7 miliardi su 137) è destinato alla prevenzione, nonostante ogni euro investito in questo ambito possa generare fino a 14 euro di ritorno economico, secondo le stime internazionali.
Investire in screening, vaccinazioni e terapie innovative significa non solo risparmiare, ma permettere alle persone di vivere più a lungo e meglio.

Il valore del capitale umano come leva di crescita

Come sottolinea Carlo Cimbri, presidente di Unipol Assicurazioni, la competitività dell’Italia non può basarsi sulla quantità ma sulla qualità. “Dobbiamo puntare sulla qualità delle persone, sul merito e sulla valorizzazione del capitale umano”.
Secondo le stime del Think Tank, se l’Italia si allineasse ai livelli europei di occupazione giovanile, femminile e senior, si potrebbero creare 2,8 milioni di nuovi posti di lavoro e un incremento del Pil fino a 226 miliardi di euro.
Per riuscirci, servono politiche integrate di istruzione, ricerca, innovazione e inclusione sociale. Il capitale umano non è solo una risorsa da proteggere, ma la chiave per la sostenibilità economica e civile del Paese.


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05 Novembre 2025
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